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Fiat Lux
(01/12/2002)

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La trasformazione della nostra materia interiore avviene al buio, condizione ottimale per la trasmutazione.
Vorrei quindi considerare la materia interiore come il seme, e l'uomo nella sua corporeità come la pianta visibile all'esterno, anch'essa in via di trasformazione. Tuttavia, la Tradizione ci consiglia di rimanere nell'oscurità nei giorni prima dei solstizi e degli equinozi, o per altri riti, quindi di rendere invisibile in un certo senso il nostro corpo, cioè la pianta.
Il seme è l'immanifesto invisibile e la pianta è la manifestazione; ma, se il seme si modifica nell'oscurità, la pianta che è già manifesta che bisogno ha di rimettersi nell'oscurità?
Una mia ipotesi a riguardo è che, in questo modo, noi ricreiamo una condizione universale.
Se osserviamo il cosmo notiamo che in esso predomina il buio, l'oscurità, e che solo qua e là (data la sua immensità) la luce si manifesta attraverso i corpi celesti e le galassie. Osserviamo, quindi, che come l'infinitamente piccolo (il seme nella terra), così anche nell'infinitamente grande (i corpi celesti) è circondato dall'ombra; i due opposti si attraggono perché vivono la medesima condizione.
Dov'è Dio in tutto questo? Nell'oscurità? Nella luce?
La luce fu creata (Fiat Lux) ci tramanda la Genesi, e quindi deriva da qualcosa di già esistente, tuttavia anche il buio è un dato di fatto già prestabilito; quindi Dio non è probabilmente né luce, né ombra, ma ancora al di sopra di essi, in una imparzialità totale, cioè il Nulla, o meglio l'Eterno.
Oso pensare che forse Dio , ancor prima di creare la luce, creò il buio, un utero immenso dove potevasi palesare l'Intelligenza nella più ampia accezione, cioè la possibilità di scelta (da intelligere) della propria individualità da parte di ogni singola possibilità.
Se ne deduce che il buio è esso stesso luce, ma questa diventa visibile quando interviene l' Intelligenza. A mio avviso, perciò, è un controsenso affermare che Dio creò la luce e che essa fu generata in uno stato informe e caotico, ossia nell'oscurità, perché non è pensabile che Dio possa creare qualcosa di squilibrato.
Forse è meglio dire che Dio creò l'invisibilità della perfezione, ma tutto era già lì pronto ad essere svelato, e dotò l'umanità del mezzo per raggiungere il "Tutto" e la possibilità di renderlo visibile, farlo proprio riconoscendolo e usandolo.
Per analogia possiamo considerare lo sviluppo del feto nell'utero della madre: esso si sviluppa in uno stato di armonica tenerezza completamente al buio.
Il mercurio dei filosofi che è l'intelligenza, è infatti contenuto nel suo contenitore e vi opera, ma diventa visibile e utilizzabile, cioè direzionabile la sua potenzialità, solo per mezzo di un'azione di operante volontà.
Ci viene altresì detto che due principi ebbero origine dal primo principio: lo spirito-volontà e la necessità inerte passiva. Questo secondo principio non va inteso come qualcosa di statico in quanto inerte e passivo; anche qui vi è movimento, ma manca ancora l'intenzione attiva, in quanto si subiscono ancora tutti gli effetti di un reale susseguirsi di eventi, e quindi di cose visibili, in maniera indifferenziata.
Sostanzialmente non è ancora scattata nell'individuo quella necessità guidata dalla volontà intelligente, di essere lui stesso protagonista della sua vita e non solo spettatore.
Quando ad Adamo ed Eva fu mostrato il frutto proibito, questo era visibile e concreto nella sua forma; ma solo dopo che l'intelligenza mercuriale li stimolò mostrandosi loro, essi furono in grado di percepirlo, di toccarlo e di assaporarlo, beneficiando delle sue qualità.
Perciò del male, della resistenza, del contrario, della passività, possiamo forse ritrovarne la causa nella mancanza di volontà e di coraggio che troppo spesso difettano nell'essere umano, e che sono invece gli ingredienti fondamentali della personalità per potersi accorgere dell'operato delle leggi universali della vita dietro l'esistenza.
D'altronde, come non prendere esempio da quell'invisibile animaletto, che impavido compete con i migliori tra i suoi simili, pur di tenere saldo il suo scopo e raggiungere la tanto agognata meta, che lo porterà a vedere poi condensata e perciò visibile la sua idea?
Da tutto ciò si evince che la creazione dell'universo, così come dell'uomo stesso (sia esso l'Adamo terrestre o l'Adamo celeste) avviene per mezzo di un'azione alchemica, di una fermentazione degli elementi veicolati dall'intelligenza mercuriale.
Vorrei proporre alcune riflessioni proprio riguardo la sublime scienza alchemica.
Per convenzione usiamo definire tre fasi della Grande Opera: al nero, al bianco, al rosso. In verità, ritengo che si tratti proprio di una convenzione, in quanto mi chiedo: come è possibile che la vita e le sue trasmutazioni erompano nel creato con fenomeni tra loro distinti e separati?
In realtà, esiste una e una sola Opera che vede sempre le tre fasi sinergicamente unite a produrre energia per il sostentamento dell'essere.
Operando e reiterando la materia si sublima, ma nulla esclude che, mentre una parte di essa abbia raggiunto la fase al bianco, ad esempio, ve ne sia un'altra che stia cocendo nell'athanor, o un'altra ancora che abbia intrapreso il suo viaggio per essere assimilata dal sangue e trasportata a tutto il corpo.
Infatti, non ci sarebbe rigenerazione se nuova linfa vitale non aspirasse ad un suo perfezionamento, ad un cambio vibrazionale che per mezzo di una differenza di potenziale vada a poco a poco ad irrorare tutto l'organismo.
Analogamente, se noi siamo cellule del macantropo pensanti ed operanti, come non considerare le cellule del nostro corpo allo stesso modo?
La nostra forma fisica si altera più o meno velocemente e con essa si modifica anche il nostro stato esperienziale e di coscienza.
Così accade anche per le nostre cellule, le quali contengono la scintilla divina e perciò la Luce; quanto più sono sollecitate, tanto più la consapevolezza di questa possibilità si attiva ed esse iniziano ad agire come veri e propri micro-esseri indipendenti.
Macrocosmo, microcosmo, tutto lavora sempre e continuamente in simbiosi: è il "Tre in Uno", la separazione che torna all'unità, cioè esiste sempre unità anche nell'esplicazione dell'azione che occorre per raggiungere il fine.
A tale proposito, basti pensare che gli alchimisti operano con una sostanza sintetizzata nella quale sono contenuti i quattro elementi; quindi, quando la materia viene reiterata non si sublimano separatamente fuoco, acqua, aria e terra, ma tutti e quattro insieme, ed ognuno compenetra l'altro in una sorta di acqua di fuoco nella quale gli opposti si uniscono.
Quindi, a mio avviso, quando si fa riferimento ad espressioni quali: raggiungimento di stati superiori di coscienza, sublimazione della materia, o ancora trasformazione dei vizi in virtù, etc., non è possibile pensare che tutto ciò possa avvenire dedicandosi a soli esercizi di respirazione, o assumendo posture particolari, o peggio ancora dopo aver letto qualche libro di essoterismo o alchimia, od organizzando conferenze.
No, non si è nella "Via" in questo modo; il sentiero dello spirito passa attraverso la fisicità, tutto è strettamente legato alla materia palpabile, perché volenti o nolenti questa è la nostra condizione in questo piano vibrazionale.
Dato che la natura non compie balzi, l'individuo che per sua volontà lo abbia deciso può assurgere a quanto sopra esposto proprio utilizzando la virtù massima dell'elemento quaternario, il quale, ridotto in cenere e rinato fenice e poi ancora cenere e di nuovo fenice, crea nuove possibilità all'essere umano.
Sostanzialmente, le emozioni, le idee, le nostre stesse aspirazioni devono essere ingerite dal corpo fisico e animate dal calore del verbo (creatore) per potersi realizzare e permettere così al proprio essere di passare da uno stato di semplice sapere ad uno stato di conoscenza; è in questo senso che lo spirito si fa materia e la materia che ne viene a contatto si spiritualizza.
Concludendo, vorrei riportare le parole di un antico e saggio detto che recita così: "Se dai un pesce ad un uomo, egli si nutrirà una sola volta, ma se gli insegni a pescare si nutrirà tutta la vita". Ebbene, credo che Dio abbia offerto all'uomo l'opportunità di imparare a pescare quando gli donò la canna per mezzo del suo emissario…il serpente.
 
 
SIMEON

 

 
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