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I Tarocchi - La Morte
(20/04/2011)

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La Morte

(Tarocchi di Alfredo di Prinzio)

 

"Quando io ti abbraccerò tu riceverai la consapevolezza di essere mio fratello, perché comunque durante la tua vita ti sono stata sempre affianco.

Ho vissuto con tè e ho contìnuamente equilibrato ogni cosa che poteva esserti di troppo.

Io sono insostituibile per la tua esistenza, come loè l'aria, il sangue ed ogni altro elemento fisico e non che mantengono in vita il tuo corpo-tempio.

Non più brividi devono far vibrare il tuo essere, perché la Sorella Morte può impossessarsi di tè in ogni momento; poiché quando sarà io ti porterò in seno alla Madre Terra che con il suo caldo tepore ti custodirà fino a vita nuova".

Se ascoltando queste parole se ne fosse presa piena coscienza, tutto il sacrifìcio perpetrato fino alla lama dell'Appeso, si ripagherebbe con la vittoria dell'iniziato (cioè colui che è entrato nel proprio tempio) sulla Morte.

Soprattutto egli si libera del concetto limitato che di questa abbiamo, quando la releghiamo al ruolo di distruttrice delle forme esteriori alle quali siamo tanto legati.

Vivere indirettamente questa esperienza, quando per esempio è riferita a persone care che ci lasciano, ci procura sempre shock emozionali senza i quali tuttavia, non potremo mai prendere coscienza, di quanto espresso all'inizio di questo scritto; sostanzialmente che la morte fa parte della vita perché in essa è insito il rinnovamento.

Nel nostro corpo, questo processo avviene costantemente, ma ne siamo del tutto inconsapevoli.

Il dubbio della grande paura o della suprema liberazione, fa di colui che è ormai deciso a mettere sul tavolo tutti gli strumenti che ha a disposizione (come fa il Bagatto), l'uomo iniziato volto a svelare questo mistero, la cui chiave risiede solo dentro di lui.

D'altronde come si potrebbe vincere il germe della morte senza ricercare il germe della vita sulla quale essa ha aggio?

Così, il dualismo vita-morte, il loro intersecarsi con continui solve et coagula, separazioni e fissazioni, distillazioni su distillazioni, non produce alfine che un 'unica resurrezione.

Nella lama della Morte, la mezza luna bianca, simbolo dell 'energia spermatica, coadiuva insieme al manico rosso della falce, che è l'allegoria dell'essenza spirituale di questa stessa energia, tutta l'operatività di cui l'uomo deve esserne l'artefice.

Ormai disadorno da ogni orpello superficiale, sia materiale che morale, come la Morte l'iniziato appare nella sua più cruda nudità; nonché quella più sostanziale, dato che le ossa dello scheletro sono la parte più durevole, se non indistruttibile del corpo.

Egli diviene il falciatore di sé stesso, cosicché dalla spogliazione di tutti gli elementi deperibili, come un ritorno allo stato primordiale, potrà emergere ed essere riconoscibile il frutto della sua opera.

Le teste recise, ma ancora animate dall'alito di vita, giacciono sul prato verdeggiante; esse alludono alla parte più alta del corpo umano, quindi la più nobile e sono anche il crogiolo dell'opera realizzata che si fìssa nel sancta sanctorum del tempio-uomo.

Quest'opera si esprime concretamente, attraverso il verbo ignifìcato, evidenziato dalla forte tonalità del rosso della labbra.

Le mani e i piedi, sono elementi che richiamano l'attenzione quali strumenti che ci permettono di sondare e manipolare la realtà e ricavare da essa un '"opera d'arte" (arti).

La Morte perde così la sua prerogativa di fatalità che tutto annienta. Esistenza e non esistenza, con il lavoro alchemico si compenetrano, tanto velocemente da colmare ogni spazio fra loro; vita e morte si avvicendano così repentinamente da annullarsi l'uno con l'altro, lasciando spazio solo all'essenza delle cose: al loro spirito, alla incorruttibilità, alla volontà, al pensiero primo.

La Morte subisce una metamorfosi e si trasforma in a-more, cioè senza Morte, in quanto non esiste nulla che possa più essere soggetto a tale fine; ecco perché rimangono la testa coronata e quella femminile della lama numero 13.

Su tutto vince, dunque, la pienezza della vita o per meglio dire, il pensiero vitale che con la sua essenza ci permette di osservare oltre le forme, anche se attraverso queste, siamo usi riconoscere l'esistenza di una cosa o di una creatura.

La Morte supera le forme non per distruggerle, ma per trasformarle, come il maestro Hiram, risorge dalla tomba dopo essere stato purificato.


Simeon        

 
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