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La Riconoscenza
(20/10/2009)

Documento senza titolo

 

Quando gli Dei stabiliscono di elargire i loro doni alla nascita di ogni essere umano, si definisce un patto.

L'inconsapevole riceve i benefici che viene deciso gli vengano attribuiti, ma egli non sa che in ogni caso dovrà corrispondere una mercede a chi gli ha manifestato il proprio favore.

La Creazione (Cappella Sistina) - Michelangelo Buonarroti

Sembra che la Vita dia dovutamente e lo debba fare in continuazione: ci si conforma ad un'abitudine a ricevere, senza riflettere un solo momento che ciò di cui si dispone è il ”più” al quale non si fa caso poiché - per abitudine - ci sembra naturale essere partecipi e della Vita stessa e di ciò che in essa viene vissuto.

E continuiamo a riempire il paniere che ci è dato fin dalla nascita con i beni che riceviamo: altro non facciamo che accumulare ed è improbabile che talvolta ci venga in mente di condividere - per esempio - la nostra intelligenza con chi soffre di angusti panorami; la nostra bellezza con chi, non avendola, ne possa in qualche modo approfittare; la nostra forza con quei deboli che si gioverebbero alquanto della nostra protezione.

In questa esemplare triade può venire racchiuso ogni beneficio che gli Dei possano elargire, poiché attraverso l'astrazione della Bellezza possiamo giungere a concepire l'Armonia, il cui conseguimento è  pari ad aver trovato la Pietra Filosofale; l'intelligenza fornisce quella Sapienza che non necessita di alcuna messinscena per essere definita come conseguimento del Lavoro cui l'uomo è chiamato col venire al Mondo.

Essere forti ci da la struttura per essere determinati e poter così scendere in campo a combattere la battaglia per la Vita e non solo: la Forza infatti ci è necessaria per resistere all'accidia, all'avarizia, alla lussuria e soprattutto all'invidia, che rappresentano gli ostacoli che dobbiamo rimuovere per poter esercitare la giustizia, la temperanza, la generosità e la prudenza.

Le tre Grazie - Sandro Botticelli

Siamo chiamati a raggiungere l'equilibrio tra i nostri vizi naturalmente connessi alla nostra umanità e quelle virtù che li contrastano. A questo scopo gli Dei, al nascere, ci forniscono delle “dotazion”i comprese nell'astrazione concettuale illustrata dalla Sapienza, dalla Bellezza e dalla Forza, cardini del baluardo che dobbiamo opporre all'indifferenza per la Vita stessa, accogliendo ogni giorno che viene come un dono e come una sorpresa.

Se riuscissimo a riflettere con piena consapevolezza sulla natura e sulla "qualità" di quello che sveltamente possiamo definire dono ma che può essere chiamato - per chi non onori gli Dei e non creda ad essi - in qualsiasi altro modo, e se accogliessimo con stupefatta sorpresa ogni giorno che ci vede protagonisti della nostra stessa esistenza, riusciremmo in qualche modo a corrispondere la mercede a chi ha elargito il Bene nei nostri confronti, a pagare il debito contratto con il patto siglato al momento di venire alla Luce.

Riconoscere il valore del bene ricevuto vuoi dire avere raggiunto la consapevolezza del proprio esistere: questa la ragione per cui sono pochi coloro che pensano di pagare il debito con gli Dei, mettendo da parte l'orgoglio che impedisce ogni gratitudine: l'uomo comunemente proteso a nutrirsi di quell'arroganza che gli fa alzare la voce nei confronti della Natura, e che lo convince di avere il diritto di esserci, e nel migliore dei modi possibili.

Il sacrificio a Dio di Isacco

Ammettere di avere ricevuto un dono da altri necessita di quell'umiltà che contrasta con l'errata e sopravvalutata posizione che l'uomo crede di avere nel Cosmo: il maledetto antropocentrismo ha fatto dell'uomo stesso il proprio nemico; lo ha fatto certo della propria primazia nei confronti di ogni aspetto della Manifestazione; lo ha certificato come il possessore di un lungo elenco di diritti, spesso addirittura urlati.

Non è così che si manifesta il sentimento della gratitudine, anche in una visione laica della propria esistenza: non c'è bisogno di essere religiosi per riconoscere il tutt'Uno nel quale si configurano gli Dei che ci hanno elargito doni al nostro nascere.

Si dovrebbe poter giungere ad essere riconoscenti astrattamente al fatto che si è, anziché non esserci, alla coscienza di dovere in qualche modo manifestare a ciò che appare altro da sé il nostro personalissimo essere grati dei doni che abbiamo ricevuto, dei quali siamo stati dotati.

Non occorre, infine, essere sapienti, belli e forti come si vorrebbe per scovare in fondo a noi stessi quella scintilla che illumini i nostri occhi di gioia per quel tanto o quel poco che ci sembra di aver ricevuto al nascere.

 


Francesco M. Pullara

 
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