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Mircea Eliade - prima parte -
(15/08/2009)

Documento senza titolo

L'uscita per le edizioni “Il Settimo Sigillo”, nella collana “Giano-l'altra Storia”, del libro “Mircea Eliade esoterico”, ad opera del Prof.Marcello De Martino, insigne linguista e docente di lingua e letteratura latina all'Università di Harvard, ci consente, allo stesso tempo, da un lato di ripercorrere l'avventura umana e professionale del grande studioso romeno, dall'altro, per come lo stesso titolo del libro suggerisce, programmaticamente di scoprire il lato nascosto della sua personalità, per l'appunto quello di un uomo attratto dall'occulto e dall'insegnamento della Tradizione esoterica.

Mircea Eliade in tarda età

Un aspetto certamente sottovalutato dalla critica, ma anche abilmente nascosto dallo stesso Eliade tra la sua poderosa produzione letteraria e scientifica.

L'autore del libro, infatti, operando una vera e propria indagine sui suoi scritti, in particolare su alcuni romanzi e sulla sua produzione diaristica, svela il lato esoterico del pensiero di Eliade, praticamente assente in quelle che sono le sue opere più conosciute, dallo “Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi” ed i “Trattati sullo Yoga” passando per “Il mito dell’eterno ritorno”, “La storia delle idee e delle credenze religiose” e via dicendo.

Ad aiutare lo studioso italiano in tale disvelamento ha di certo contribuito Ioan Culianu, un altro storico delle religioni, discepolo dello stesso Eliade, stimato ed apprezzato da Elemire Zolla, scomparso prematuramente e tragicamente nel 1991, il quale nella biografia di Eliade ed in altri scritti sul medesimo, ha messo in evidenza ciò che Eliade non diceva, ma accennava, per esempio nei suoi diari, od occultava nella trama di alcuni suoi romanzi.

Ioan Culianu e Mircea Eliade

Un disvelamento non facile, perchè Eliade tra l'altro non si limitò a nascondere per tutta la sua vita l'interesse per l'esoterismo, ma fece di tutto per far dimenticare quel periodo degli anni trenta, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, che lo vide militare nella “Guardia di Ferro” o “Confraternita dell’Arcangelo Michele” fondata da Cornelui Codreanu.

Tale silenzio  su questa esperienza giovanile era chiaramente giustificato dall'imbarazzo di Eliade, più tardi divenuto  docente in una Università degliStati Uniti, di dovere confessare un legame con un movimento politico designato come fascista e subire conseguentemente accuse di antisemitismo, che nel mondo accademico americano avrebbero decretato la fine della sua carriera di studioso.

Nel suo lavoro di ricerca su Eliade, Culianu scoprì ben presto, avendo accesso a documenti quasi nascosti, che il suo idolo nascondeva aspetti della sua vita e della sua personalità quasi inquietanti, tanto da fargli ammettere nella introduzione alla sua biografia che: “…per cercare di capire la sua opera non è sufficiente estrarne le idee....devi avere la passione dell'occulto e la pazienza dell'alchimista.”

Tuttavia Culianu un pò per rispetto del suo maestro un pò per convenienza scelse volutamente nella citata biografia di non approfondire il non detto di Eliade sulle sue militanze politiche di gioventù preferendo indagare sull'interesse per l'occulto di quest'ultimo, senza però volutamente scoprire le carte del maestro.

Fu certamente Culianu ad intuire quanto profonda fosse la conoscenza di Eliade del settore e quanto fosse radicata la sua convinzione nell'esistenza dei cosiddetti fenomeni paranormali, ed in ciò fu aiutato dal fatto che con Eliade il giovane studioso condivideva la passione per l'esoterismo e come lui tentò di averne un'esperienza diretta.

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Non è certo un caso che il primo scritto di Eliade, particolare quasi sconosciuto ai più, sia stato un romanzo scritto a quattordici anni, dal titolo “Come ho scoperto la pietra filosofale”.

Si tratta del resoconto di un sogno fatto dal giovane Eliade dove si vedono tutti gli stadi dell'opera alchemica, dalla mescolanza degli elementi passando attraverso la purificazione nell'Athanor, fino alla realizzazione della Grande Opera, ossia l'Oro Alchemico.

Nella sua autobiografia, “Le promesse dell’Equinozio”, è lo stesso Eliade a confessare al lettore che “….quando lo scrissi ero appassionato di chimica e non sapevo quasi nulla dell'alchimia... soltanto alcuni anni dopo scoprii... “La collezione degli alchimisti” del Berthelot. Ben presto mi sentii attratto dall'alchimia e da allora questo interesse non mi ha più abbandonato....”

Eugene Canseliet, unico discepolo di Fulcanelli

Non è nemmeno un caso dunque che anni più tardi, subito dopo la seconda guerra mondiale, nel suo periodo a Parigi Eliade frequenti un circolo di personaggi che hanno fatto la storia dell'alchimia nel novecento, a cominciare da Philippe Lavastine, traduttore di Ouspensky e Gurdjeff, Henry Hunwald, cultore di ermetismo ed alchimia, per finire con il più noto, quell'Eugene Canseliet, autore di “L'Alchimia” e “Due luoghi alchemici”, unico discepolo del misterioso Fulcanelli, l'ultimo alchimista moderno.

Va ricordato al riguardo che, secondo quanto asserito dallo stesso Cansaliet, quest'ultimo sarebbe stato l'unico alchimista moderno a compiere l'opera di trasmutazione. In questo ambiente Eliade legge Fulcanelli, Canseliet, Renè Alleau e scopre Evola, con la sua “Tradizione ermetica” e Renè Guenon.

Dalla lettura dei suoi diari si scopre quanto Eliade ammirasse gli alchimisti che vissero nell'arco di tempo dal '500 al '700 e come egli considerasse la scienza moderna come figlia del pensiero ermetico ed alchemico. Paracelso, John Dee, Robert Fludd, Newton e gli altri meno noti avevano ai suoi occhi il merito di avere iniziato un rinnovamento spirituale ed intellettuale dell'uomo moderno con una visione olistica della scienza che integrasse la logica e la spiritualità.

L'alchimia era ed è per Eliade una dottrina che dà una prospettiva nuova dell'universo, quella appunto olistica, in cui spirito e materia sono un tutt'uno.

E' un fatto che da questo singolare ambiente parigino di alchimisti in odore di "destra esoterica" Eliade ebbe ad apprendere in modo diretto delle conoscenze sull'operatività dell'ARTE REGIA. E tuttavia, come ebbe modo di notare Culianu, Eliade era reticente ad esprimere nei suoi trattati di carattere scientifico quanto in effetti egli credesse alla pratica dell'alchimia e più in generale a tutto quello che riguardava il magico.

Dai suoi diari, sezionati dal De Martino in maniera scrupolosa ed approfondita, scopriamo circostanze sorprendenti.

Alister Crowley, il mago.

Un Eliade che legge con grande curiosità la biografia del Mago nero Alister Crowley, di cui ammira la sorprendente conoscenza di rituali tantrici, che egli ben conosceva per averli direttamente sperimentati nel suo periodo indiano, che viene consultato da occultisti che gli riconoscono una grande conoscenza del paranormale e gli chiedono consigli per difendersi da attacchi provenienti dall'occulto, che annota a proposito della pubblicazione degli insegnamenti di Gurdjeff le seguenti illuminanti considerazioni:  Si pubblicano ogni giorno di più importanti testi esoterici di tradizioni iniziatiche quali il tantrismo, l'ermetismo, l'alchimia...si espongono alla luce del giorno testi, idee, riti, credenze che normalmente sarebbero dovuti restare nascosti ed il cui accesso si sarebbe dovuto riservare ai soli iniziati....si tratta di un fatto tanto interessante quanto paradossale…. le dottrine ed i metodi segreti non sono svelati e messi alla portata di tutti se non perché essi non hanno più alcuna possibilità di essere compresi. Non possono ormai che essere malcompresi e mal interpretati da non iniziati. Entriamo in un’epoca che sarei tentato di chiamare fanica.”

Questo brano è assolutamente illuminante perché conferma la credenza di Eliade alla realtà degli insegnamenti iniziatici e come egli ritenga che la fanìa, ossia il disvelamento delle verità esoteriche fosse un risultato della nostra società moderna, ma che ciò fosse possibile solo perché ormai nessuno poteva più comprendere correttamente il senso di tali conoscenze.

Il giovane Mircea Eliade in India

E' ancora Eliade in modo quasi profetico anni più tardi a rilevare che “…i testi esoterici non sono rivelati alla luce del giorno e non divengono accessibili al pubblico se non alla vigilia dei grandi cataclismi storici allorché  la fine del mondo è vicina, con ciò intendendo la fine della civiltà moderna”.

In buona sostanza la riscoperta degli antichi testi esoterici grazie a studiosi di grandissimo livello, Sholem per la Cabala, Tucci per il buddismo tibetano, Corbin per il sufismo e la Yates per l'illuminismo RosaCroce, è per Eliade un segno dei tempi, un segnale che avverte della prossima fine di un'era, di un ciclo.

Ogni riferimento all'attuale periodo storico, dal Guenon definito come appartenente al KALI JUGA, appare evidente.

L'Eliade che pronuncia queste parole è certamente un uomo della Tradizione che in questa occasione soverchia l'Eliade scienziato positivista, che non esita a dare spiegazioni apocalittiche degli eventi senza curarsi di quanto l'entourage accademico in cui viveva e lavorava potesse dire al riguardo.

L'atteggiamento di Eliade è ancora più significativo se si pensa alla sua frequentazione  ad Ascona del Circolo “ERANOS”, fondato da Jung, dove di respirava un clima mondano teosofico anche grazie alla sua ispiratrice Olga Frobe Kapteyn, soprannominata la sacerdotessa di “ERANOS”, che mise a disposizione di Eliade per il suo libro “Arti del metallo ed Alchimia” la ricchissima collezione del circolo: qui Eliade ha modo di conoscere di  persona Scholem, il grande studioso di Cabala, al quale chiede notizie di un altro grande esoterista, lo scrittore Gustav Meyrink.

Aleichem Sholem, grande studioso della Cabala

In quell'occasione Scholem rivela ad Eliade che Meyrink una volta gli chiede se sapeva dove abitava DIO. Poichè Scholem non seppe rispondere, Meyrink esclamò: Alla base della colonna vertebrale, perchè l'accesso a Dio si trova nella Kundalini, il serpente arrotolato alla base della colonna vertebrale”.

Come detto all'inizio, e come sottolineato più volte dal De Martino, l'aspetto esoterico-magico della personalità e del pensiero di Eliade è praticamente racchiuso nei suoi romanzi cosiddetti "Indiani" e nella sua produzione diaristica.

Importantissimo al riguardo è il suo romanzo “La Luce che si spegne” .

Detto che il libro fu un insuccesso totale, l'attenzione va posta sulla sua trama.

Il protagonista è infatti un bibliotecario che nottetempo mentre corregge un proprio scritto su un misterioso testo di astronomia si accorge che la biblioteca va a fuoco e trova con grande stupore nella sala di lettura tre persone: un professore, che aveva fama di essere un mago, completamente nudo, la sua assistente, anch'essa completamente nuda ed un giovane ai limiti della follia.

Qual'è il motivo della presenza di queste tre persone di notte in biblioteca? E’il mistero che cerca di risolvere il bibliotecario che perde temporaneamente la vista a causa di una trave infuocata cadutagli sulla fronte.

Il giovane, di nome Manuel, insinua che l'incendio sia divampato a causa della forza magica scatenata dal rituale tantrico che stavano attuando il mago e la sua assistente. E' evidente come più tardi ammetterà lo stesso Eliade che si tratta di un rituale orgiastico a lui ispirato con tutta probabilità dalle tecniche tantrico-magiche che lo studioso aveva appreso durante in suo ritiro indiano presso l'ashram del guru Shivananda, contemporaneo alla redazione del romanzo.

Il Guru indiano Swami Shivananda con i suoi discepoli

L'elemento tantrico è evidente nel rituale tra il mago-professore e la sua assistente-sacerdotessa che altro non sono che la polarità maschile e quella femminile destinate ad unirsi per scatenare una potente energia mediante il maithuna, l'unione sessuale in funzione magica.

Ed è altrettanto evidente qui l'influenza di Julius Evola  e del suo trattato “L'uomo come potenza”, senza dimenticare che lo stesso Evola più volte, avendo praticato tali riti, mise in guardia coloro che si avventurassero in tali procedimenti per la pericolosità di certe oscure tecniche tantriche di magia sessuale, dette del “Sentiero della mano sinistra”, quando non vengono controllate.

Julius Evola, ricercatore esoterico

Per Evola, infatti, chi non si è liberato dalle catene del corpo sensibile non può sostenere il potere del Serpente, la forza dirompente della Kundalini.


Da qui l'ipotesi nel romanzo che il fuoco, ovvero l'energia divina interna all'uomo, avesse debordato ed incendiato la biblioteca. Il De Martino avanza anche delle ipotesi su chi potesse nascondersi dietro i personaggi del libro.

Il professore-mago potrebbe essere il guru Shivananda, la sua assistente la violoncellista sudafricana di nome Jenny incontrata da Eliade proprio nell'ashram indiano, con la quale operò effettivamente rituali tantrici.

Più tardi, nelle “romesse dell’Equinozio” Eliade affermerà che le esperienze eccezionali da lui vissute non potevano essere divulgate in base alla tradizione induista che prescriveva la loro comunicazione solo in ambito iniziatico tra maestro e discepolo. Solo con un linguaggio poetico, cioè fortemente allusivo quasi criptico Eliade si sentì poi autorizzato a rievocare alcune sue esperienze dello yoga tantrico nella novella “Il Segreto del dott. Honigberger”.

Al di là del suo valore letterario, “La Luce che si spegne” è importante in ogni caso perché è l'antecedente della novella di cui sopra e sopratutto di “Notti a Serampore”, dove uno dei protagonisti è proprio Swami Shivananda.

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- continua nel prossimo numero -

 

 

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