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Destra e Sinistra
(20/03/2009)

Documento senza titolo

 

Le riflessioni che seguono non hanno alcun riferimento ad una concezione politica, che vede questi due termini alternarsi al governo di una società in cui l’elettorato abbia modo di esprimere i propri orientamenti, per cui viene detta democratica.

Prenderemo in esame la destra e, rispettivamente, la sinistra nell’ottica della specularità osservabile dall’uomo: ogni cosa, infatti, secondo una conformità naturale che si riferisce appunto all’aspetto simmetrico delle grossolane manifestazioni osservabili con i sensi, ha una parte “destra” ed una “sinistra”.

Il cervello umano con i due lobi destro e sinistro

Né si può dire che la sinistra sia – il nome lo farebbe supporre – la parte necessariamente funesta e di cattivo augurio; a sinistra è posto il cuore, con tutto ciò che ne deriva; in Massoneria ogni gesto che abbia rilievo rituale è posto in atto con la mano o con il braccio sinistro.

Ma la Tradizione romana ci ricorda che nell’osservazione del cielo il sacerdote considerava di malo augurio la provenienza da sinistra degli uccelli che dovevano motivare gli auspici.

Per dare una connotazione attuale alle nostre osservazioni, rammentiamo che – chissà poi perché – nel codice della strada chi proviene da destra ha la precedenza, forse ricordando una preminenza e un valore maggiore dato all’azione messa in atto dal braccio destro, che è notoriamente il più usato e il più abile.

Elucubrando un poco ci avvediamo che, per chi osservi il nascere del Sole ad Oriente, la destra manifesta il suo crescere e il suo continuo svilupparsi in luce e calore; quando, calando, sarà passato alla parte sinistra dell’osservatore, esso avrà perso ogni vigore e, morendo, ci consegnerà alla tenebra della parte sinistra del cielo.

Alba sul mare

Il normale prevalere della concezione destrorsa dell’attività umana è il riflesso di ciò che si è evidenziato da solo: per motivi forse inspiegabili la destra si è mostrata di più valido uso che la sinistra.

Parliamo evidentemente delle braccia e azzardiamo la fantasiosa ipotesi che nei trasferimenti, quando l’uomo nomade primitivo doveva prendere magari in fretta e furia i piccoli in braccio li ponesse sul lato sinistro del torace stringendoli a sé per confortarli con il sicuro battito del cuore, mentre con la destra afferrava il fagotto o il bastone.

Ma nessuno può ragionevolmente dimostrare perché ci si sia abituati alla maggiore efficienza della destra sulla sinistra.

C’è chi sostiene che nei tempi primordiali - sempre per una forma di autoconsolamento che arieggia un po’ un’autoterapia  ante litteram – l’uomo si fosse abituato a dormire sul fianco sinistro onde sentire i battiti del proprio cuore che favorissero il suo assopirsi, e che, conseguentemente, conservasse una certa disponibilità alla reazione pronta verso chi lo sorprendesse nel sonno, con il braccio destro: il sinistro, schiacciato dal corpo, col tempo meno alimentato da una regolare circolazione sanguigna, finì con l’avere infinitesimi cenni di atrofia che lo portarono ad essere un po’ meno efficiente.

Ma questa teoria appare debole.

Sempre in riferimento alla superstizione nell’osservare che da sinistra provenivano gli annunci di eventi negativi, ci si abituò a poggiare per primo il piede destro a terra, al risveglio mattutino; ciò acquisì nel tempo valore apotropaico o scaramantico; per derivato, ogni azione che comportasse il manifestarsi di una forza di “destra” acquisì più importanza che non quella derivata dalla “sinistra”. Solo gli Egizi – seguendo tuttavia un’interpretazione connessa al percorso del Sole nel cielo – ritennero che, relativamente all’asse determinato dal Nilo, a sinistra del fiume ci fosse il paese reale, quello dei vivi, e a destra si dovesse collocare la regione dei morti.

Coltivazioni lungo il Nilo

Ma questo aveva una sua giustificazione: a sinistra del Nilo infatti le campagne sono largamente irrigate dalle acque, mentre alla sua destra si apre l’immenso deserto.

Apriamo la Bibbia e troviamo che i buoni, dopo il Giudizio, sederanno alla destra del Padre mentre a sinistra patiranno i cattivi, nella privazione della sua visione. Se l’osservatore vedesse la scena di fronte, con questa fantasmagoria innumerevole di santi, beati e buoni figli del Padre, osserverebbe che i cattivi risultano a destra, e viceversa per i buoni.

Tutto sta a non collocare come schierati – quasi fossero dipinti come in un immenso affresco – tutti i giudicati dell’Ultimo Giorno. Ma la Bibbia va interpretata perché la sola, semplice lettura confonde il lettore anche ben disposto.

Ma andiamo avanti. Cosa ci riserverà il terzo millennio? Avrà ancora un significato la destra e la sinistra una volta identificata la multidirezionalità dello spazio, non più così speculare come ci è apparso finora? Avrà ancora un senso – se fosse possibile prescindere dall’osservatore – parlare di un razzo che proviene dalla sinistra di Saturno? Ci siamo dunque avvicinati alla riflessione finale.

Affresco con Giudizio Universale

La destra e la sinistra hanno un senso – è ovvio, ma va detto – solo in relazione ad un soggetto, ad un osservatore. Esse sono qualità di uno stare, se vi è un riferimento riconosciuto e ammesso; per non doverle più considerare, con tutti i pregiudizi che queste due qualità hanno fatto nascere, condizionando così grandemente la civiltà umana, occorrerebbe astrarre l’osservatore, il riferimento che centri una simmetria: ma ciò è come dire che per non cadere dal ponte di Ariccia occorrerebbe che la forza di gravità venisse annullata.

Consideriamo allora di dover convivere ancora nel concepire la destra e la sinistra di ogni manifestazione osservabile dall’uomo: come fossero due gemelli, cui il Supremo Architetto concesse doni diversi; all’uno diede la stabilità, la fermezza, la resistenza; all’altro la forza, la potenza, la vita.  E, come si sa, la stabilità è nulla senza la forza; la fermezza non si sostiene senza la potenza; la resistenza è niente senza la vita.

Giano Bifronte: simbolo della dualità

Destra e sinistra, dunque, viste come elementi che attuano la complementarietà della manifestazione, quando si ammetta la coscienza discriminante dell’osservatore che, sulla Terra, è chiamato Uomo. Altrove non sappiamo.
        

                                                                                                                                Francesco M. Pullara


 

 

 
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