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Responsabilità: il principio attivo dell’autorealizzazione
(20/03/2008)

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Quando si parla di responsabilità, spesso ci si sente intimorire, come se in quel momento questa parola avesse provocato uno choc psicologico che come un improvviso risveglio ci procura sgomento.

Forse perché convenzionalmente si dice sempre: Non ti sei assunto le tue responsabilità, il peso della responsabilità, ecc., tutte frasi che fanno gravare su di essa un fardello a volte insostenibile.

Voglio quindi spezzare una lancia a favore di questa parola e del significato che essa dovrebbe avere, soprattutto se ci scrollassimo via quella “paura” che in modo a volte palese a volte sottile, governa le nostre vite.

Pertanto, ritengo invece, che la responsabilità rappresenti il principio attivo che permette la graduale autorealizzazione.

Credo che noi esseri umani abbiamo bisogno di essere messi alla prova, perché solo in questo modo possiamo veramente focalizzare quali siano i nostri intendimenti e verificare, inoltre, quali sono le possibilità che attraverso la visione delle nostre qualità, ci permetteranno di realizzarli.

Una condizione di questo tipo può verificasi però, sempre che esista un “carnefice” e una “vittima”, analogamente perciò, occorre che ci sia un provocatore e un provocato.

Tuttavia, se si riuscisse a ribaltare la condizione di vittima, considerandola comunque solo come un’occasione di esperienza, ed avere un quadro equilibrato della situazione, si potrebbe procurare un cambio di frequenza.

Sostanzialmente la vittima ribalterebbe la sua condizione, perché una vibrazione più elevata purificherebbe e rigenererebbe lo stato mentale, stimolando al soggetto quel senso di responsabilità che lo può impegnare ad agire e rendersi più sicuro di sé.

Essere responsabili è l’atto più elevato che possiamo compiere verso noi stessi e verso l’esistenza. Esso rappresenta la gratificazione della vita stessa che si manifesta nella natura, intesa nell’accezione più alta del termine “Natura-naturans”.

In questa sono all’opera le leggi misteriose che ci permettono di vivere ed esprimerci, ma che rimangono tali, cioè misteriose, solo se non ci assumiamo la responsabilità di sviscerarle.

Il vittimismo che incombe come atteggiamento sull’essere umano, trova a mio avviso le sue radici proprio nella mancanza di volontà nel volersi mettere alla prova, facendo della propria responsabilità l’ingrediente fondamentale per andare incontro all’ “ignoto” delle cause.

Più volte ho ribadito che l’ignoto rimane tale fintanto che non si decide di esplorarlo.

Responsabilità deriva da responso, cioè risposta e, le risposte ci sono, però è necessario per scoprirle porsi delle domande delle quali a sua volta si deve essere disposti ad assumersi l’onere dei loro esiti.

Sembra dunque che questo gioco di dare-avere, domanda-risposta, non può donare i suoi frutti per il raggiungimento dell’emancipazione dell’essere, senza che sia presente quell’amor proprio che fa della responsabilità il suo regolatore; insomma non può mancare la volontà di mettersi alla prova, se si vuole migliorare.

Dove ritrovare questo se non nella consapevolezza della responsabilità, dei nostri pensieri prima e delle nostre conseguenti azioni poi?

A questo punto è lecito sintetizzare che il binomio ricerca-responsabilità, non può proprio per sua natura essere in alcun modo scisso.

Riporto una bellissima frase presa dal libro di Barbara Marciniak “La via del risveglio planetario” che recita come segue: “Più responsabilità siete disposti ad assumervi come creatori della vostra vita più grandi saranno le verità che riuscirete ad affrontare ed accettare”.

Da queste parole emerge un elemento che collegando responsabilità, creazione e verità, riassume quanto detto prima, anche se il concetto di autocreatori della nostra vita, appare nuovo ed inaspettato, secondo il credo morale comune che vede Dio fuori di noi e solo lui in grado di creare.

Notiamo però che la parola creare ha la stessa radice di crescere e la crescita implica che si verifichino degli eventi con i quali ci si confronta con tutte le nostre emozioni; siamo perciò, messi alla prova in ogni istante della nostra vita perché essa è creazione continua e volenti o nolenti siamo chiamati a reagire.

Concludendo credo che la responsabilità che dovrebbe e deve accompagnare ogni sano ricercatore, diviene per lui la spoletta che crea la coscienza delle sue azioni e reazioni e tanto più queste saranno consapevoli, tanto più le verità di cui si fa menzione emergeranno; per cui la responsabilità diviene il lievito  della conoscenza. 

Simeon

 

 

 
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