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Volo notturno
(20/09/2006)

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Anche quella sera,come tutte le sere, prima di scivolare lentamente ma inesorabilmente nel sonno, poggiai il libro sul comodino, spensi la luce e diedi un bacio sulle labbra di mia moglie, che dormiva già da un pezzo. Seppure addormentata,rispose con un sorriso. La guardai con tenerezza,mi sembrava così indifesa in quello stato, sollevai lo sguardo verso il soffitto della camera pensando che forse nemmeno da bambino avevo mai avuto quell’abbandono così totale. Già da allora facevo fatica ad addormentarmi, come per una sorta di paura nel perdere la coscienza ed era per me quasi un sollievo risvegliarmi al mattino, come se nulla fosse e ricordando ben poco dei miei sogni.

Ripensavo agli accadimenti di quella giornata. Avevo come ospite il mio più caro amico, Alberto, col quale avevo condiviso la gioventù e gli studi. Poi lui si era trasferito all’estero per lavoro, ma tornava spesso nella nostra città ed ogni volta era una festa per me ed Anna rivederlo, l’occasione per una cena dove raccontarsi tutto quel che ci era accaduto nel frattempo e che la separazione ci aveva impedito di conoscere.

   
Quella sera, a tavola, la discussione era caduta sul libro che stavo leggendo da qualche tempo, “La Scienza Occulta” di Rudolf Steiner. Confessai di trovarlo un po’ pesante,dalla scrittura lenta e farraginosa, ma non potei fare a meno di decantare il fascino dell’argomento. Per me era davvero un mondo nuovo, ed un modo completamente diverso di accostarsi al senso della vita. Ma né Anna né Alberto sembrarono condividere il mio entusiasmo da neofita per l’occulto. Dopo l’ultimo brindisi Alberto si congedò, quasi cadendo dal sonno.

”Amici, è stata una serata stupenda ma sto per crollare! Mi ritiro nella stanza che mi avete gentilmente assegnato”.

Poi i miei pensieri caddero su Anna, che dormiva accanto a me e che aveva cambiato la mia vita. Ero un uomo fortunato, avevo una moglie bella e premurosa, un amico che era più di un fratello, una bella casa, apparentemente non avevo di che lamentarmi. Eppure……pensai….se la vita, se il mondo non è solo quello che ci è dato conoscere…se esiste davvero una conoscenza che è occultata ai più… forse gloriarsi per i beni materiali od inorgoglirsi per una bella donna è solo un modo per rassicurare il nostro misero Ego mentre là fuori, nel mondo che non conosciamo, esistono cose più grandi dei nostri meschini desideri… Pensai e pensai e senza rendermene conto caddi nel sonno, o forse era uno stato di semiveglia perché sentivo un torpore profondo ai piedi ed alle braccia, che dopo un po’ si tramutò nella netta sensazione che il mio corpo non mi appartenesse, perché semplicemente non lo sentii più.

Aprii gli occhi e mi accorsi che stavo in alto, sul soffitto della camera e giù sul letto vedevo Anna, che dormiva come sempre, e soprattutto vidi me, o meglio il mio corpo immobile, apparentemente addormentato. Sì, ero lassù, come se volassi, anzi volavo davvero perché in un attimo mi vidi uscire dalla mia casa e nel buio della notte illuminato qua e là dai lampioni sorvolare la città che vista dall’alto mi sembrava bella come mai mi era apparsa. Ero talmente eccitato da quel volo che non ebbi nemmeno il tempo di avere paura, di chiedermi cosa mi stava accadendo. Forse ero morto nel sonno, pensai, ed ora il mio spirito si era liberato dalle catene del corpo… La prospettiva non mi dava alcun dolore né rimpianto, a parte il pensiero per Anna che forse la mattina si sarebbe svegliata accanto ad un morto. Intanto volavo e la cosa incredibile era che andavo dove si dirigevano i miei pensieri……ero arrivato vicino alla casa di mia madre e sentii il desiderio di vederla. In un attimo arrivai dentro il suo appartamento. Non avevo bisogno di aprire porte, perché non conoscevo ostacoli. Sapevo dov’era la sua stanza.

   
Dall’alto la vidi sul suo letto, dormiva profondamente,circondata dai suoi gatti che sembravano quasi proteggerla. Uno di loro sembrò avvertire la mia silenziosa ed invisibile presenza e diresse i suoi occhi verso il soffitto. Non poteva vedermi ma sapeva che c’era qualcosa là sopra e cominciò a miagolare. Mia madre continuò a dormire, anche lei come Anna appariva così indifesa in quello stato. Le augurai in silenzio un buon riposo ed uscii dalla stanza. Ritornai per la strada, senza una meta precisa. A quell’ora della notte tutto appariva diverso, sembrava che tutta la solitudine del mondo si fosse concentrata sulla mia città, poche auto in giro, qualche cane randagio continuava il suo vagabondare, qualche nottambulo camminava veloce forse per tornare presto a casa. Non avevo alcuna percezione del tempo che passava, so solo che ad un certo punto cominciai ad avvertire un senso di peso……forse era tempo di tornare nella mia casa.

Volando veloce mi ritrovai lì davanti, oltrepassai la porta di casa e mi diressi verso la stanza da letto. Sempre dall’alto mi accorsi, con stupore, che il mio corpo era ancora là, immobile ma accanto non c’era nessuno. Forse Anna si era svegliata per bere un bicchier d’acqua, forse mi aveva cercato nel sonno e spaventata si era resa conto che non rispondevo ai suoi richiami. Uscii dalla stanza per cercarla ma non la trovai da nessuna parte. Ha pensato che fossi morto ed ha chiesto aiuto ad Alberto – pensai -  arrivai alla sua stanza, e non volli credere ai miei occhi.

Anna stava sopra di lui,completamente nuda,mentre lui le accarezzava il seno. Erano stretti l’uno all’altra ed avevano negli occhi quella luce che hanno solo gli amanti. Avevo visto abbastanza, non intendevo fare da spettatore di quell’amplesso. Ritornai nella stanza da letto, e col pensiero dissi – Se non sono morto voglio tornare nel mio corpo -  fu un attimo, sentii come un risucchio…..aprii gli occhi…ero disteso sul letto, di nuovo nel mio corpo che sentivo indolenzito. Richiusi gli occhi, e pregai di riaddormentarmi. Ero sfinito e svuotato.

La mattina, quando mi svegliai, Anna si era già alzata. Guardai l’orologio, erano le 9.00. Quel volo notturno mi aveva fatto dormire profondamente. Feci la doccia, mi vestii ed andai in cucina.

“ Finalmente, aspettavamo te per la colazione – disse Alberto col più smagliante dei sorrisi -  quel vino ha fatto effetto anche su di te. Anna ha già fatto il caffè…”.

Anna era in piedi, più bella che mai, come solo può esserlo una donna dopo essere stata amata, e mi guardava come se volesse leggere nei miei pensieri. Aveva in mano la caffettiera fumante.

“ Ne vuoi un po’,amore ? “.

Tirai un sospiro, e rivolgendomi ad Alberto gli chiesi :  “  Dimmi un po’, Alberto, da quanto tempo tu ed Anna siete amanti ? “.Anna gettò un urlo, facendo cadere la caffettiera e cominciò a tremare, aspettando la mia reazione. Alberto aveva gli occhi sbarrati, e quasi balbettando cercò di parare il colpo. “Aspetta, non è…..come puoi pensare…….non so dirti nemmeno com’è cominciata…mi dispiace…”.

“ Non preoccuparti, Alberto…non alzerò un dito sulla donna che ho amato e sull’amico che ho venerato…vi lascio soli con i vostri rimorsi…io sono di troppo ora…”  E mi avviai verso la porta di casa, sentendo Anna scoppiare in lacrime.

Fuori l’aria era dolce, come l’autunno a Roma. Qualcosa si era spezzato per sempre nel mio cuore.

Cominciai a camminare verso il centro storico, mentre intorno a me, per una sorta di contrappasso, vedevo giovani coppie passeggiare tenendosi per mano e scambiando parole e baci. Sembrava che tutti fossero innamorati quel giorno, con la mia sola eccezione. Rimuginavo, pensavo. Inutile chiedersi quando e perché era cominciato tutto tra di loro, di colpo nello spazio di una notte tutte le mie certezze si erano infrante. Avevo perso una moglie ed un amico, avrei perso forse anche la casa.

   
Ero solo. Eppure, nonostante la botta, ero deluso ma non triste. Se non fosse stato per quel volo notturno, chissà per quanto tempo ancora sarei vissuto nell’inganno, con le mie stupide convinzioni. E forse non era stato nemmeno un caso se avevo scoperto tutto dopo avere iniziato a leggere quel libro di occultismo. Forse il destino me lo aveva messo in mano per aiutarmi a comprendere, ad infrangere quel velo di menzogna ed ipocrisia che circondava la mia vita. Quel giorno non sarei andato al lavoro, no. Continuai a camminare, stupendomi di quanti angoli affascinanti avesse la mia città. Dopo avere superato la Fontana di Trevi, svoltai per una strada stretta in salita, sempre immerso nelle mie elucubrazioni.

Ad un tratto sulla destra, vidi una piccola bottega con due vetrine che esponevano degli strani oggetti che da lontano non riconobbi. Mi avvicinai…erano medaglie, anelli e piccole sculture di soggetto esoterico, tutti ispirati alla tradizione occulta. In quegli oggetti erano rappresentati i simboli più antichi e sacri…mi soffermai a guardarli…all’interno della bottega, con la porta aperta, stava un uomo con barba e capelli bianchi seduto su uno sgabello intento a disegnare qualcosa su una pergamena.

Per la strada si udivano i rumori dei passanti e delle auto, ma nulla di tutto questo sembrava distrarre l’uomo dal suo lavoro. Era completamente indifferente a quello che stava là fuori, del tutto estraneo al caos ed alle miserie del mondo esterno. Restai a guardarlo per un po’. Come se avesse sentito il mio sguardo,alzò il capo e mi lanciò uno sguardo… dopo qualche secondo, sorridendo con la mano ed un cenno della testa mi invitò ad entrare.

Per un attimo mi si bloccò il respiro. Sentivo dentro di me che se fossi entrato in quella bottega, se avessi conosciuto quell’uomo, la mia vita già sconvolta dalle mie miserie personali sarebbe cambiata completamente ed in un modo a me ancora oscuro, proprio com’era accaduto con quel viaggio astrale. Respirai profondamente, dissi a me stesso che non dovevo avere paura di ciò chenon conoscevo. Varcai la soglia della bottega ed entrai…
 
Neferhem

 
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