Nel
nostro villaggio tutto era tranquillo.
Eravamo
un gruppo di amici, sempre insieme e, non so spiegarmi il perché,
io ero sempre il capo. Eravamo in quattro; quattro ragazzi vagabondi
e sfaticati sempre lontani mille miglia da scuola, a combinar guai.
Mi
chiamavano Melchiorre, semplicemente, non avevo un sopran nome, solo
quel nome che forse mi avevano dato perché ero nato il
6 gennaio. Gli altri: Carbone, Bianco Spino e il Rosso; insieme era
vamo la quaterna delle pesti del villaggio.
Da
sempre sul dorso della collina che sovrasta il paese c'era una
casetta di pietra grigia e fumosa. Tutt'attorno erba e piante
che crescevano secondo l'ordine della Natura, e in questa meraviglia,
il fiume che carezzava d'argento le rive folte, per andare a
gettarsi nel lago profondo tra le grandi montagne.
In
questa casa, per noi misteriosa, v'era un fascino irresistibile
che ci spingeva a visitarla almeno una volta al giorno. Sarà stato
quel vecchio cartello dalle lettere scolorite che diceva: "Mantenetevi
alla larga o guai a voi!" ... o forse sarà stato per
quel vecchio, cosi vecchio che nessuno al villaggio ricordava più il
suo nome ne da dove venisse.
Usciva
solo di notte e non parlava mai con nessuno. Di giorno lo sbirciavano
da una finestrella della sua casa mentre si aggirava silenzioso tra
mille strumenti strani: alambicchi, storte e cose simili.
E il fuoco ardeva tutto il giorno nel suo camino donde usciva
un fumo denso, nero, e qualche volta di vari colori, che
attirava la nostra attenzione quando il vento lo modellava
suscitando delle for me bizzarre.
Vestiva
sempre di bianco, mi pare si chiamasse Elias ma non ne sono sicuro,
e le sue vesti candide facevano da contrasto sorprendente
con la sporcizia e il fumo e la polvere del suo laboratorio.
Elias
aveva i capelli e la barba ugualmente candidi; gli occhi
azzurri e luminosi, qualche volta sembravano rischiarargli
il viso d'una luce incantata.
In paese
tutti credevano che il vecchio fabbricasse whisky per il contrabbando,
ma non l'aveva mai venduto a nessuno, ed era impossibile che lo bevesse
tutto da solo, perché mai lo avevano visto
ubriaco. E allora?
Una
sera mentre guardavamo curiosi dalla finestrella fuori dalla sua casa,
lo sentimmo bisbigliare che l'indomani sarebbe arrivata la "Dama
bianca". Ci guardammo sorpresi e speranzosi di potere assistere
a chissà quale evento, curioso e interessante. Già assaporavamo
la scena nella nostra fantasia.
Molte
erano le domande che ci balenarono nella mente quella notte, mentre
cercavamo invano di prendere sonno nei letti delle nostre
case.
Il
giorno dopo, per potere assistere a quell'incontro così atteso,
ci recammo di buon'ora presso un nascondiglio vicino alla casa
grigia. E aspettammo, ora dopo ora.
La
sera era già calata e noi ci eravamo stancati, così decidemmo
di avvicinarci alla finestrella della quale lo spiavamo sempre. Elias
era seduto, immobile, al centro della stanza. Sembrava che dormisse.
Aspettammo ancora, col fiato sospeso e gli occhi sgranati.
Elias
ad un certo punto si alzo, quasi di scatto, ed andò ad
aprire la finestra grande. Subito la Luna piena e maestosa illuminò la
stanza inondandola della sua bianca e lattea luce.
"Io
ti saluto Iside, Dama Bianca, Madre delle Acque, dea Immacolata della
volta celeste... tu sei la Madre del mondo, tu sei la vita e dai la
vita. Io Elias ti ringrazio e ti benedico. Tu benedici me perch é ho
realizzato la Grande Opera" disse, alzando le braccia verso la
Luna.
Delusi,
ci guardammo tra noi: non era come avevamo immaginato. Carbone a
quel punto scivolò e cadde con grande fragore. Per un attimo
i nostri cuori smisero di battere. Ci girammo, e il vecchio era vicino
a noi. Elias aiutò Carbone ad alzarsi. Strano, era come se
lui sapesse di noi perché non ci rimproverò per nulla.
Anzi ci invitò a entrare in casa, ci fece sedere e disse: "Ascoltatemi,
io partirò per
un lungo viaggio, c' è una Signora che
mi aspetta " e guardò la luna.
Ma
la cosa ancora pi ù strana era che intorno a noi, dentro
la casa, non c'era nulla di quello che avevamo visto da sempre nessun
strumento strano, niente.
Allungando
una mano ossuta, Elias mi porse una boccettina contenente un liquido
giallo, e una specie di pergamena piena di strani simboli misteriosi.
"Prendete
queste cose — ci disse — adesso non capite, però certamente
arriverà il giorno che saprete capirli".
Sbalordito
e confuso, afferrai meccanicamente quello che il vecchio mi stava offrendo. "Andate
ora, e non mi dimenticate perchè io
non dimenticherò voi".
Uscimmo di corsa,
corremmo a perdifiato, ognuno verso la propria casa, non so se terrorizzati
o cosa. E per tutto il giorno restammo dentro casa, intimoriti e silenziosi.
La mattina dopo, a scuola, gli altri tre mi chiesero degli oggetti che il
vecchio mi aveva dato, ma non volli parlarne: "dopo", risposi
loro.
All'uscita
della scuola, come sempre ci incamminammo automaticamente
verso la casa del vecchio. Ebbene, quando giungemmo sul posto, trovammo una
bellissima pianta di magnolia, grande e maestosa, invece della casa. E tutto
era fiorito lì intorno, tutto profumava ed era meraviglioso.
Oggi
dopo tanti anni, ricordo che la boccetta e la pergamena erano toccate
a me, in sorte, e che allora, guardando attraverso il cristallo, nel liquido
d'oro mi sembrava di vedere il vec chio Elias sorridermi.
Più il
tempo passa e più lo
specchio quando mi vedo in esso, mi rivela che le nostre sembianze stanno
diventando un tutto uno.
E
io so.