La
prima volta che vidi gli UFO ero in braccio a mia madre e dovevo avere
più o meno tre anni. Negli anni Quaranta questo fenomeno nelle
"Pampas Argentinas" (nella provincia di Buenos Aires) veniva
chiamato la "Luz Mala", ossia la luce cattiva, e chi incappava
in un avvistamento si faceva il segno della croce, invocava santi e
madonne e correva a perdifiato a chiudersi da qualche parte.
Questo "fenomeno" luminoso nel cielo, con spostamenti intelligenti,
si ripeteva regolarmente ogni mese: questo lo ricordo benissimo perché furono
diverse le volte che li vidi.
In quel posto, a pochi chilometri, uno o due, dalla nostra casa in
campagna, c'era una fattoria, e tante altre disseminate qua e là,
e vi abitavano tutti coloni italiani di origine abruzzese, compresa
la mia famiglia.
Bene, accanto a quella che ci interessa, c'erano ruderi di un vecchio
fortino militare dell'epoca della lotta dell'uomo bianco contro gli indios
per le terre. Questo era il motivo per cui la gente pensava agli spiriti
dei morti in battaglia che si manifestavano in forma di luci; da qui la
paura dei contadini del luogo.
In quel tempo, in quella zona, non c'era l'elettricità. Si utilizzava
solo quella prodotta dai mulini a vento, che, girando le eliche, caricavano
le batterie producendo una tenue illuminazione, insufficiente per produrre
un simile spettacolo.
Io ero molto piccino per capire il male o il bene, ma certo quello "spettacolo" mi
attirava enormemente. Le luci bianchissime si spostavano basse nel
cielo, facendo movimenti intelligenti, a volte sembrava che si avvicinassero,
salissero, scendessero, e la mia famiglia guardava con stupore e con
un timore reverenziale, fino a quando scomparivano definitivamente,
e noi senza commenti ci ritiravamo per dormire.
Passarono gli anni e la mia famiglia andò a vivere in città.
Quel ricordo rimase sepolto per tanti anni nell'archivio del mio cervello,
fino a quando da grande vissi lo stesso "fenomeno" nella città dimensionale
di Erks, allora mi resi conto che le due cose erano simili e che si
trattava dei fratelli cosmici e delle loro basi dimensionali disseminate
sulla Terra.
C'è un altro ricordo che porto da bambino ed è un volo in
un piccolo aereo a due posti. Ero in piedi a sinistra di mio padre, che
mi teneva abbracciato, e davanti c'era il pilota. Sapevo che eravamo andati
per una questione di salute in una città vicina. La cosa più
strana era che mio padre e il resto della famiglia di quel "misterioso
volo" non sapevano assolutamente nulla, per loro non è mai
esistito, ma per me ancora oggi è una realtà.
Un altro fatto avvenne negli anni Cinquanta e sempre in Argentina,
nella provincia di Cordoba; ero studente in un collegio dei Salesiani,
località
Brinckman, colonia Vignaud, con tutti gli altri bambini stavo facendo
ricreazione e qualcuno gridò: "un plato volador",
ossia un disco volante.
Guardammo tutti nella direzione indicata e vedemmo un punto metallico
luminoso più grande di una stella che pulsava ed era fermo sopra
il campanile della chiesa. Dopo qualche istante spiccò il volo
e scomparve velocissimo nelle profondità del cielo.
Tutto sommato questo fu il mio battesimo ufologico avuto in tenera
età;
oggi sono felicissimo che così sia successo.
Anche a mio fratello maggiore accadde un fatto strano. All'epoca doveva
avere ventisei o ventisette anni ed era un bellissimo giovanotto, e come
tutti era innamorato di una bellissima ragazza, che abitava in una fattoria
distante una decina di chilometri dalla nostra casa.
Ricordo che lui ogni tanto si recava a farle visita, e ogni volta dopo
essersi lavato, strigliato e profumato a dovere, vestito a puntino, montava
sulla sua bicicletta azzurra e partiva lasciando una lunga scia profumata,
mentre io lo salutavo e lo vedevo scomparire dietro l'orizzonte.
Una volta fece molto tardi: era notte inoltrata, e l'ultimo tratto della
strada del rientro era di terra battuta e correva parallela alla ferrovia
da una parte, mentre dall'altra c'era l'aperta campagna.
A qualche centinaio di metri, prima di arrivare a casa, sul bordo della
strada c'era una croce di metallo, perché in quel punto un poliziotto
zelante ammazzò un povero barbone impaurito, un "lingera",
come venivano chiamati questi vagabondi.
Mio fratello raccontava che sempre quando passava per quel luogo, per
rispetto, scendeva dalla bicicletta e si faceva il segno della croce,
anche per paura.
In quella notte, illuminata soltanto dalle stelle, scese dalla bici,
si fece il segno della croce e senti che la ruota andò a cozzare contro
qualcosa che scambiò per un cane e come per istinto gli mollò
un calcio; in risposta senti una specie di grugnito e vide un viso mostruoso
con due occhi di fuoco che gli si rivoltò contro.
Saltare sulla bicicletta e partire a razzo fu la sua risposta e in
pochi secondi arrivò a casa.
Per due ore buone non riuscì a spiccicare una parola, ma quando
parlò disse di aver visto il diavolo in persona.
Sono passati tanti anni e il mio carissimo fratello non c'è più;
adesso, nel Duemila, capisco che quello che vide potrebbe essere stato
un "chupa cabras".
Dopo si seppe che altri contadini avevano vissuto esperienze simili,
ma sempre si finiva nel paranormale o in altre entità diaboliche,
perché quella era la cultura di allora nelle Pampas Argentinas.
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