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Il Sacrificio
(20/02/2014)

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Il sacrificio, dal latino sacrificium, sacer + facere, "rendere sacro" viene definito come quel gesto rituale con cui dei beni vengono consacrati in favore di una o più entità sovrumane.

La Carta dell'Appeso nei tarocchi, la carta del sacrificio

Questo termine, ha, nel lessico comune, perso questo legame con la sfera religiosa per intendere, in generale, uno sforzo, la rinuncia a qualcosa in vista di un fine.

Noi tutti nella nostra vita ci siamo trovati davanti ad occasioni in cui ci siamo sacrificati per qualcuno o qualcosa.

Se fossimo soli sulla terra non avremmo bisogno di sacrificarci perché tutto ciò che esiste potrebbe essere nostro e venire usato a nostro piacimento.

Questo ci fa capire come alla base del sacrificio ci sia il riconoscimento che non siamo soli al mondo.

Talvolta, infatti, scegliamo di fare qualcosa, non tanto perché lo vogliamo noi, quanto perché è bene per qualcun altro, o perché crediamo che sia giusto.

Per poter interagire con gli altri, un certo sacrificio è necessario.

Nella vita quotidiana ci troviamo spesso davanti a varie forme di sacrificio: da quello di una madre per il figlio a quello per un amico o un amante.

La capacità di sacrificarsi, come ogni altra capacità, ha bisogno di una leggera messa a punto.

Imparare a dare o a sacrificare nel modo giusto non è facile.

I nostri primi tentativi sono goffi.

La gente ci fraintende e pensa che vogliamo qualcosa in cambio, oppure strafacciamo, sacrificando cose che sono fondamentali per noi.

Via via che diventiamo più bravi, il nostro dare e ricevere diviene molto più fluido e facile.

Le cose che sacrifichiamo sono quelle che siamo disposti a cedere.

Prima di arrivare a questo punto ci sono tantissime fasi intermedie di sacrificio in cui si rischia di dare più importanza ai desideri dell'altro rispetto ai propri.

Si deve sempre calibrare i sacrifici che si fanno.

Quelli drastici, come quello di una madre che rinuncia ad un lavoro per la famiglia, senza che sia una sua priorità, ma perché pensa che vada fatto, possono o distruggere o se assolutamente necessari possono portare alla nobilitazione della persona che li compie.

Molte persone religiose cercano di essere buone per far piacere a Dio, si sacrificano  per esso.

Sono convinte che così si risparmieranno prove e sofferenze e invece sacrificano totalmente  se stessi e passano la vita sentendosi deprivati e molto spesso furiosi verso Dio e il prossimo.

Il sacrificio viene visto praticamente come un modo per manovrare Dio, chiedendogli  la salvezza, gli altri, aspettandoci  qualcosa  in cambio, oppure  come  un modo per evitare le sfide, i rischi e la sofferenza che il mondo ci riserverebbe  se provassimo a vivere in funzione  nostra.

Chi intraprende un percorso su se stesso dovrebbe cambiare quest'idea  di sacrificio  per farlo divenire un dono dato liberamente come espressione di autentico amore e interesse verso gli altri.

A questo livello il sacrificio viene visto come un modo non per salvare se stesso ma gli altri senza però votarsi ad essi.

Un esempio di quest'idea di sacrificio è chi sceglie un lavoro che non gli permetta vera gratificazione personale ma che renda il mondo un posto migliore per tutti.

Questo tipo di sacrificio è alla base di due grandi religioni come il Cristianesimo e il Giudaismo ma si può ritrovare anche in moltissime altre religioni e tradizioni.

Il sacrificio di Isacco - Giorgio Vasari

Nella situazione ottimale, noi non sacrifichiamo noi stessi per gli altri, ma aiutiamo gli altri.

Nel momento in cui facciamo questo tipo di scelte riusciamo ad affinare e definire noi stessi: fare una scelta in una situazione di penuria ci aiuta a capire che cosa è più importante per noi al momento e quindi a capirci meglio.

In questo senso, si conquista qualcosa qualunque sia la scelta; sempre se scelgo onestamente e non per un puro senso del dovere.

Qualunque sacrificio è più facilmente sopportabile se ci convinciamo che in un modo o nell'altro ciò che diamo ci ritornerà indietro, magari non nello stesso modo, non immediatamente ma ci tornerà indietro.

Questo concetto ci fa capire che qualsiasi cosa sacrifichiamo alla fin fine è per noi, è per migliorare noi stessi.

Non serve che la vita sia troppo dura bisogna capire che essa va vissuta in primo luogo per far felici se stessi.

Dal punto di vista spirituale poi il sacrificio può essere trasformativo cioè può farci crescere e migliorare.

Per essere tale però va interiorizzato, va vissuto come un mutamento al nostro interno.

Un mutamento che rende una parte di noi più sacra e vicina al divino.

Sacrificando le parti di noi stessi marginali e non fondamentali riusciamo ad arrivare ad un livello di perfezione sempre più alto e quindi credo a vibrare a frequenze più elevate.

Mitra e il sacrificio del Toro, le forze lunari vinte da quelle solari.

 

RIFLESSIONI  SUL SACRIFICIO

 

Una vecchia leggenda indù narra: tanto tempo fa, in un grande regno, un re decise di dare un'enorme festa per celebrare il buon raccolto di quell'anno, e nel far questo, regalò, come atto di assoluta generosità, grandi ricchezze a tutto il popolo.

Le genti, stupite da quest'atto inaspettato, iniziarono ad adulare il re, dicendo: "E' il miglior sovrano che ci potesse capitare, guardate che grande sacrificio ha fatto per il suo popolo!", e continuarono a festeggiare e cantare e suonare e ballare e ad adulare il re.

Poco dopo arrivò una mangusta nel regno.

Una mangusta mezza d'oro.

Questa iniziò a parlare al popolo e disse: "Attenzione! Non confondete la generosità con il sacrificio!

Tanto tempo fa, in tempo di miseria e carestia, una famiglia costituita da padre, madre, figlio e cognata, riuscì, dopo tanti sforzi, a ricavare un piatto di riso.

Con meticolosità il padre lo divise in quattro, in modo che ognuno avesse la sua parte.

Proprio in quel momento bussò alla porta della loro capanna, un uomo anziano, povero, e senza tetto, che chiese ospitalità.

Il padre, ringraziò il Cielo per avergli portato quest'uomo e per avergli permesso di aiutarlo, e con un sorriso gli regalò la sua porzione di riso.

Stessa cosa fece la madre, ringraziò il Cielo e gli porse il piatto.

Il figlio, per non sentirsi da meno, imitò i genitori.

Ed infine anche la cognata, con gratitudine verso il Cielo, gli cedette la sua parte.

L'uomo ringraziò, mangiò, e se ne andò. Nello stesso giorno padre, madre, figlio e cognata, morirono per la fame.

Così, uscii dalla mia tana e mi strofinai su alcuni chicchi di riso caduti a terra, diventando mezza d'oro.

Da allora in poi vado in cerca di un altro vero sacrificio, per poter diventare finalmente tutta d'oro.

Ma per sfortuna non se ne sono più visti. Quello del re, non è altro che un atto di generosità!".

Quindi. .. che cos'è il sacrificio? 

Probabilmente il totale annullamento dei propri desideri a favore di quelli del prossimo, il piacere di dare, annullandosi.

È, insomma, il dire "Si!" senza pensarci e con grande tranquillità, magari sorridendo, continuando a pensare, però, di star facendo un atto naturale, semplice e leggero, come può essere  un atto quotidiano, quale bere l'acqua.

 

Tuttavia, nella realtà quotidiana, questo totale annullamento, che si può anche interpretare come un atto di amore completamente  disinteressato, non avviene quasi mai.

Si è sempre pronti a pensare a quali e quanti possano essere i vantaggi per se stessi, mettendo in primo piano la propria individualità e il proprio piacere anziché quelli dell'altro.

Il fatto stesso di pensare che ci si stia sacrificando per qualcuno, porta l'atto a perdere il suo vero significato.

In altre parole: alla base del sacrificio c'è la volontà di far star bene l'altro, senza pensare a nessun tornaconto.

Anche perché si dovesse stare a pensare sempre al tornaconto, al mondo si vedrebbero ancor meno sacrifici di quelli che ci sono.

Infatti, molto spesso dopo aver fatto un atto di amore completamente disinteressato, dopo che ci si è sacrificati per qualcuno, non ci si trova in mano niente, spesso neanche gratitudine.

Bisogna però fermarsi a pensare, cosicché arrivi la consapevolezza di aver fatto una Comunione, e quindi di aver fatto star bene qualcuno, cosa che sicuramente ha arricchito noi stessi.

Così, anche se magari più povero, affaticato o stremato, ci si volta immancabilmente indietro, si guarda ciò che si è fatto e si sussurra, perché queste cose vanno sussurrate: "Lo voglio rifare!".

Il fatto che, come ho detto, spesso ci si ritrovi stanchi e affaticati, non deve far confondere il sacrificio con la sofferenza.

Infatti, spesso ci si ritrova a pensare questo, che più uno sta male, più ha sacrificato se stesso.

Ma la sofferenza è fine a se stessa, non aiuta a crescere, può insegnare è vero, ma non allo stesso  modo del sacrificio.

Questo, infatti, è un' Esperienza con la E maiuscola, che non solo fa crescere chi sacrifica (come la sofferenza, fa crescere chi soffre), ma anche colui che riceve il sacrificio.

E quindi credo, che se un atto fa crescere in due, non solo è magnifico perché fa  crescere il doppio delle persone, ma anche perché permette loro di crescere insieme, e quindi di crescere di più.

La crescita però avviene solo se c'è la consapevolezza.

Qualcuno diceva: "Se dovete allungare uno spiccio e non sapete cosa state facendo,  lasciate perdere".

Infatti, è vero che non bisogna pensare né al tornaconto né ad evidenziare il fatto che ci si stia sacrificando, ma bisogna comunque, sempre essere consapevoli delle proprie azioni, e quindi rimanere sempre coscienti di ciò che si sta facendo.

Il sacrificio, riprendendo il significato etimologico, significa Sacro Ufficio, cioè azione sacra.

Il sacrificio di Cristo

Tuttavia questa, in compagnia di un altro insieme di parole, ha perso il suo vero significato a causa della Chiesa, che orienta tutta la spiritualità all'infuori di noi, cercando di distrarre l'attenzione da quella interiore dell'uomo.

Per la Chiesa, infatti, il sacrificio è diventato uno scendere a patti con Dio.

Qualcosa che va fatta in nome di qualcun altro, dal quale poi ci si aspetta una ricompensa.

E così sia con Dio, che tra gli uomini.

Il primo si sacrifica per il secondo, il quale, sentendosi in dovere, si sacrifica per il primo.

E si ricomincia.

Così che la sofferenza viene frazionata.

Ma al momento della sua nascita, la parola "sacrificio", voleva indicare il mettere le proprie capacità sull'altare in favore di se stessi.

Col passare del tempo è diventata mettere le proprie capacità sull'altare in favore di qualcuno.

E in tal senso quest'azione sacra non ha bisogno di riconoscimenti in quanto, essendo parte tutti dello stesso organismo, permette semplicemente di restituire qualcosa a se stessi.

Ormai, però, questa  parola  ha perso il suo significato originario, diventando solo la privazione di qualcosa  da  parte di chi lo compie, verso il prossimo.

È, quindi, ormai un gesto che rimane nell'ambito del sociale.

Sacrificio, quindi, Sacro Ufficio, e dunque Rendere Sacro, invece rappresenta la trasformazione  di qualcosa che da grezza viene deificata.

Il sacrificio dell'Agnus Dei, colui che apre i sette siggilli.

Intesa così, dunque, non è una limitazione delle proprie possibilità e capacità, ma anzi è il potenziamento di alcune energie, le quali si trasmutano.  

Dunque l'oggetto sacrificato viene privato della sua parte grezza per sacrificarla a qualcuno.

Come nell'antichità, nella quale si sacrificavano  gli animali, bruciandoli sul fuoco.

Cosicché il fuoco rinnovasse l'animale, deificandolo.

Dunque di trasmutava una parte grezza della natura in qualcosa di divino.

È vero che in questo modo, il sacrificio potrebbe essere svista come un atto egoistico, ma bisogna pur pensare che se non si ha niente non si può dare.

Dare non solo facendo attivamente qualcosa, perché, se è vero che tutto è energia, quando si è raggiunti un certo "voltaggio", tutte le persone vicine  ne beneficiano.

Il tornaconto è una vibrazione che ci ritorna. E questa vibrazione ritorna sempre.

Capendo a fondo che cosa è il sacrificio, si comprende anche che cos'è il suo tornaconto, ossia l'immettere nel proprio corpo una più alta elevazione.

Per capire meglio questo facciamo un esempio: giocando a baseball, si tira la palla, dopo un po' quella ritorna a chi l'ha lanciata per primo, ma non da parte della persona a cui lui l'aveva lanciata.

Quindi, teoricamente, non bisognerebbe aspettarsi qualcosa in cambio, dopo aver compiuto un atto sacro, ma nella quotidianità, spesso, un "grazie", può essere utile ad incentivare le persone a rendere sacri se stessi e gli altri.

Anche perché, alla fine, un sorriso, non costa niente.

   
 
 

Silvia

 
 


 

 

 

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