“A chi ha sarà dato, ma chi non ha eziandio quel che egli ha gli sarà tolto”.
Questa frase del vangelo di S. Marco, IV 25, appare come profetica e stabilizzatrice di un ordine alla fine di un’era o di un momento storico, nel quale si dovranno tirare le somme dell’operato individuale.
Nel panorama generale che osserviamo, l’umanità sta attraversando un momento nel quale si percepisce la caducità del sistema di vita adottato fino adesso che sta finendo, logorato e sfinito perché non più in linea con i tempi.
La terra non è un pianeta isolato, tantomeno lasciato a sé stesso, ma è in sintonia con tutto il sistema solare e attraverso questo, con la galassia e l’universo intero; pertanto nel processo evolutivo che investe tutto, le energie che portano a frequenze più elevate, stanno influenzando anche il nostro pianeta.
Maggiori vibrazioni, sono foriere di necessità energetiche più stimolanti; queste producono sollecitazioni sulla densità della materia che tende così a rarefarsi per raggiungere uno stato di più alta spiritualità.
Tutto questo si ripercuote ovviamente, su tutta la natura e i suoi tre regni e in particolare, sull’uomo che viene così indirizzato verso l’ispirazione che va a nutrire l’esigenza di maggiore libertà.
A ciò consegue una serie di sfumature comportamentali che come matrice hanno innato proprio questo senso di “liberazione dalle catene” di cui l’umanità ormai, ha assolutamente bisogno.
Nei secoli, abbiamo notato come l’arte in tutte le sue manifestazioni, si sia raffinata, trasformando la materia sulla quale agisce rendendola sempre più morbida, nelle sue forme, e dalle linee meno pesanti e più essenziali.
Questo dato di fatto ha un’attinenza analogica incredibile con ciò che si propone la via dell’alchimia tramandata dalla tradizione iniziatica. Pertanto, questo magistero, consciamente o no, si manifesta nelle esperienze umane, almeno per ciò che concerne la realtà visibile.
S’impone quindi l’esigenza di una conoscenza più ampia, di una più profonda sensibilizzazione, verso l’aspetto comportamentale ed etico dell’uomo nel tentativo di risalire alle sue cause e individuarne così gli aspetti, in modo da poter controllarne ed equilibrarne gli effetti, fino al punto da potersi addentrare ancor più in profondità e prendere coscienza della propria individualità.
Proprio per tale incitamento energetico-vibrazionale, mai come in questo momento, ognuno è chiamato a rendersi responsabile delle proprie azioni, ma per fare questo lavoro, non è più possibile concentrarsi solo sull’aspetto esteriore dell’esistenza, la personalità, la maschera.
Occorre invece, un vero e proprio esame di coscienza, con il quale è possibile, senza avere più timore, far emergere la parte spirituale, cioè ciò che Dio ci ha tramandato, donato, come memoria di essere suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza.
Se è vero dunque, e tutto lo fa presagire, che ci troviamo alla fine di un ciclo, val bene di prendere in considerazione la frase: “A chi ha sarà dato a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.”
A una prima superficiale decodificazione, sembrerebbe che si debba accumulare qualcosa di non ben definito, per potersi meritare, diciamo, “la salvezza”; tuttavia, nella seconda parte della frase, viene detto che a chi non ha verrà tolto anche quello che ha. Perché togliere, quindi, a chi ha già qualcosa, anche quello?
E’ ovvio pensare, quindi, che ciò che si deve possedere, non è riferito a cose materiali tangibili, cioè beni terreni, probabilmente si tratta di ben altro “tesoro”, il quale, se in sintonia con le nuove frequenze, verrà da queste aumentato, mentre ciò che non si confà ai nuovi parametri energetici, sarà eliminato o si disgregherà da se stesso, proprio per l’impossibilità di sostenerli.
E’ opportuno, a mio avviso, osservare e riflettere, sul contesto nel quale appare questa frase, per tentare di capire, attraverso la lettura, i simboli e le allegorie che vi sono celate, al solo scopo di incoraggiare a poco, a poco, la creazione di una coscienza in noi che ci faccia essere dalla parte degli “eletti” e non da quella della moltitudine: “Alla quale è dato solo di guardare ma non vedere, e di udire ma non intendere”.
Marco racconta che Gesù, seduto su una navicella, in mezzo al mare, insegnava alla folla che si era radunata a terra sulla riva; questo è ciò che probabilmente accadde praticamente.
Tuttavia, se vogliamo scorgere un’allegoria nella posizione dalla quale parla Gesù, senza voler per forza trovare la quinta zampa del gatto, è bene ricordare che Gesù rappresentava il Cristo.
Avendo sublimato al massimo grado la propria energia, era diventato “l’unto del signore”. Aveva realizzato dentro di se lo Spirito Santo, lo stesso spirito che all’inizio della creazione, aleggiava sulle acque, così come sembra evocare la sua presenza in mezzo al mare.
Gesù parla di un seminatore che sparge le sue sementi per ogni e dove, senza alcuna distinzione, come ad offrire una possibilità del tutto imparziale. Purtroppo però, solo dove incontra un terreno adatto, disposto a ricevere questo seme, si produrrà il frutto.
Quando ciò avviene, la crescita è esponenziale: “L’uno darà trenta, l’altro sessanta, l’altro cento”, invece dove ci sono pietrisco e rovi, il seme inaridisce e muore.
Palesemente, il Cristo spiega che questi riferimenti, alle condizioni naturali a che un germoglio attecchisca, oppure no, sono da rapportare all’atteggiamento degli uomini che reagiscono in maniera diversa ad un insegnamento trasmesso loro, seppur in forma di parabola.
Svela perciò, ai suoi discepoli, e solo a loro, quale sia il seme che il seminatore dispensa e fa riferimento alla parola. Non dimeno anche la parola, se considerata così letteralmente, ha una consistenza troppo effimera e proprio per questa sua caratteristica, essa può disperdersi.
Pertanto, dobbiamo andare a scavare ancor di più nel suo significato, altrimenti non possiamo trovare una connessione con ciò che il monito ci trasmette: A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche ciò che ha.
La parola in se per se, è solo aria, ma la parola che si è trasformata in verbo, può agire sulla materia, quindi sulla natura, modificandola; o quanto meno apportare equilibrio e armonia che creano le condizioni ottimali, affinché i suoi progetti si realizzino al meglio.
E’ quindi insito, in tutto ciò, una operatività personale che deve servire a compiere, questo salto qualitativo; il passaggio cioè, di qualcosa di estremamente labile a qualcosa di più sostanzioso, di veramente reale.
Ecco che allora si produce o non si produce un frutto, un risultato che può agire complessivamente sull’essere umano oppure no, destinandolo a ricevere di più o a perdere anche quello che ha, perché realmente non ha nulla.
A suffragio di questa considerazione è la “formula magica”, per realizzare tale proposito che viene svelata da Gesù stesso quando dice: “Il Regno di Dio, è come se un uomo avesse gettato la semenza in terra”.
In queste parole si cela il magistero magno e tanto universale e senza tempo è, che anche il Sommo Poeta, Dante, dopo secoli ne fa riferimento nella sua opera omnia, quando induce gli uomini a considerare la loro semenza, in virtù del fatto che “non fummo creati per vivere come bruti, ma per seguire virtù e conoscenza”.
Si evince, quindi, come Gesù si riferisce allegoricamente alla stessa cosa, non pertanto al significato letterale della semina di un contadino. Altrimenti, perché avrebbe anche detto: “Della misura che misurate, vi sarà misurato; e a voi che udite sarà sopraggiunto” se ciò non si riferisse ad un lavoro individuale su se stessi?
Pertanto, la terra che deve essere seminata non è altro che la nostra “interiore terra”, cui allude anche il postulato massonico, nella quale dobbiamo trovare quella semenza (la pietra) che già naturalmente è stata posta, ma dalla quale dobbiamo estrapolare l’essenza più sottile. Lo Spirito si è fatto carne, la carne deve tornare allo Spirito.
Realizzare una tale opera, implica innanzi tutto prendere atto che dobbiamo riconciliarci con la natura e i suoi ritmi e rivalutare l’intero ecosistema.
Ciò che l’uomo ha fatto, soprattutto nell’era moderna, è esattamente il contrario; prima infatti, per dimostrare la sua superiorità sulle altre creature, ad esempio, le ha violentate, in un secondo tempo, quando ha capito che ciò era sbagliato, ha cambiato direzione.
Purtroppo, però, il modello di vita è stato così artefatto e complicato, da favorire sempre più l’immagine, l’apparenza basate sul possesso materiale delle cose; da qui possedere una pelliccia lussuosa, ha prodotto l’uccisione di migliaia di animali, un bello yacht con possenti motori ha inquinato i mari e le industrie producono miasmi che infettano l’atmosfera e si potrebbe ancora proseguire.
La facciata ha totalmente occluso la possibilità di percezione della sostanza intima insita nelle leggi della natura e della realtà in generale. L’idea che solo ciò che è complesso, complicato, articolato è degno di essere preso in considerazione, ha completamente annichilito “la semplicità”, ovvero la condizione perfetta che celando l’origine di tutte le leggi e cause prime, permette la manifestazione di ogni realtà.
Fortunatamente da qualche anno a questa parte le cose stanno cambiando e si è venuta a creare una maggiore sensibilità, soprattutto verso il rispetto dell’ambiente; tuttavia, c’è ancora molto da fare per riuscire a comprendere che se sposiamo l’assioma: come all’esterno, così all’interno, gli sforzi che si compiono per salvaguardare il patrimonio naturale nel quale viviamo, devono essere fatti anche per salvaguardare il nostro patrimonio interiore: spirituale.
L’intimo con “semplicità” tenta di farsi avanti facendo sentire la sua voce, ma troppo spesso viene soverchiato dagli eventi esterni quali quelli sociali, politici, culturali, religiosi ecc., che con le loro suggestioni fanno continuamente opera di distrazione e non di riflessione e concentrazione.
Sembra comunque che l’uomo debba da sempre cimentarsi, con una realtà esterna che lo devia da ciò che dovrebbe essere la sua missione su questo piano: tentare di dare una risposta alle domande fatidiche chi siamo, da dove veniamo e dove andremo.
Ecco quindi che Marco riportando le parole di Gesù, riferite a coloro che ricevono la semenza fra le spine, dice: “Ma le sollecitudini di questo secolo e l’inganno delle ricchezze e la cupidità dell’altre cose, affogano la parola onde diviene infruttuosa”.
Il lavoro che dobbiamo intraprendere oggi, per rilanciare l’umanità verso una nuova era e lasciarsi alle spalle una condizione che fa acqua da tutte le parti, è a mio avviso quello di ribaltare, una volta per tutte, la squadra o meglio invertire totalmente il metodo d’approccio con il quale ci si ostina a cercare e provare tentativi sempre più variegati per migliorare la vita umana.
E’ impossibile, ormai, attingere ancora alla paccottiglia di complicate macchinazioni create da un potere per una società che in questo modo, di “naturale” non ha quasi più niente.
Per trovare qualcosa che ci dia speranza, dobbiamo prendere coscienza che essa è in germe nella energia degli elementi che madre natura ha posto dentro di noi; perciò l’unica vera speranza per noi, siamo noi stessi.
Siamo sicuramente arrivati ad un bivio, dove ci stiamo giocando il futuro dell’umanità che però non va intesa solo in maniera globale, come ostinatamente si continua a fare per disorientare e creare un gregge impaurito facilmente controllabile; ma deve essere ricondotta al significato individuale dove diventa humus-terra che ogni cellula-uomo deve “concimare” per diventare la migliore cellula che egli è.
Così con cognizione di causa del proprio compito e del proprio grado di sviluppo potrà portare beneficio a tutto quel grande corpo che insieme rappresentiamo.
Cosa scopriremo? Forse la cosa più bella che si possa avere la grazia di trovare: “Il Regno di Dio”, così grande eppure così piccolo come un granello di senape.”
“A chi ha sarà dato, chi non ha eziandio quel che egli ha gli sarà tolto”. E’ senz’altro un inquietante monito, ma che non dovremo più tenere se anche solo tenteremo di mettere in pratica, quanto ho
esposto; con ciò, l’unico premio finale che ci gratificherà sarà la riconciliazione con la nostra dignità di uomini e donne.