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L'Adamo e la Terra Rossa
(20/11/2012)

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Possiamo definire terra rossa il prodotto finale di un processo di assimilazione, fermentazione e infine, rielaborazione.

Tuttavia, ogni effetto che si definisce risultato del lavoro che lo ha preceduto, deve avere una matrice che lo ha generato e prima ancora, un’idea dove è riposta l’intelligenza necessaria affinché l’opera si compia.

Alchemicamente parlando, questa matrice è rappresentata dal “mercurio”, messaggero nel quale è contenuta l’idea e il propellente intellettivo necessario alla realizzazione.

Il Mercurio dei metalli

Ecco, che quanto più sarà raffinato tale mercurio, tanto più si determinerà la qualità dell’effetto ultimo.

Non essendo nulla separato da nulla, va da sé che gli elementi organici e psichici contenuti nel mercurio iniziale, sono presenti in forma coagulata e sintetizzata, anche in questa “terra rossa.

L’assimilazione periodica e costante dell’”acqua di fuoco”, scandita dal nove (9), ne determina la raffinazione, perciò la reiterazione della materia prima universale, avviene attraverso l’estrazione della medesima dalla sua sorgente e la successiva immissione in un’altra matrice, che la veicola all’interno del laboratorio alchemico-chimico (l’uomo).

Anche la terra rossa, possiede una sua sorgente dalla quale viene estratta, come materializzazione terrestre dei quattro elementi, di cui, come sopra citato, il mercurio ne è il messaggero volatile.

Se pertanto, esiste un seme, per conseguenza logica, deve esistere anche il frutto che da questo seme nasce, dopo la trasmutazione della forma per mezzo della macerazione. Tale frutto non può quindi essere sprecato, ma deve essere colto, proprio come si coglie una mela o un fico dall’albero.

Niente, perciò, deve essere gettato, né tantomeno, deve essere considerato con senso di ribrezzo, ma deve essere, invece, incorporato nel meccanismo generale, che produce sostentamento e vitalità nell’essere umano.

In sostanza per portare un esempio figurato, è come aver preparato una stoffa splendida (mercurio) e poi indossare il meraviglioso vestito che con essa si è confezionato.

Se l’uomo, quindi, non deve e non ha il diritto di separare, ciò che Dio ha unito, tale unione o riunione, può verificarsi solamente “concimando” la propria terra. Non è un caso, che proprio la parola concimare o concime, derivi da conciare-coptium e da comere co-emere, che significa appunto, riunire, combinare; non solo in spagnolo comer vuol dire mangiare.

Scoprire “Adamo”, rappresenta un vero e proprio “ribaltamento della squadra” o, per meglio dire, è il giro completo che il compasso fa per unire in cerchio una linea curva che si richiude su sé stessa.

Adamo nell'affresco della Creazione - Michelangelo - Cappella Sistina a Roma

E’ una riconciliazione a 360° che investe sia il piano mentale, infatti ogni analogia suggerita dai simboli che la tradizione, ci tramanda, trova il suo giusto posto collocata all’interno del proprio piano di studio e di chiarezza nelle idee e nei concetti.

E’, altresì, un appagamento emozionale, perché sviluppa e fa gioire, quella coscienza dell’amore che rallegra il cuore e che consente di osservare tutto con gli occhi di chi, con il proprio sacrificio, pazienza, coerenza e coraggio, ha raggiunto un traguardo ed incoraggia, anche silenziosamente tutti gli altri a fare altrettanto, in quanto esiste la speranza di una meta.

Infine, la gratitudine viene riposta anche nel fisico che è il tempio-laboratorio, dove lo spirito si forgia; pertanto, anche il corpo va benedetto come va benedetta la madre terra che ci permette di mantenerlo vitale.

In sintesi, tutto questo, diventa un accesso completo al progetto uomo e all’idea pensiero che lo ha creato al principio. 

E’ un ritorno alla verginità primordiale, non ancora profanata dalla malizia e dalla bramosia di potere che nei secoli ha condizionato e represso la possibilità di espansione dell’essere umano, riducendolo ad un umile peccatore doverosamente timoroso verso Dio.

Così l’uomo, inconsciamente è diventato sempre più diffidente verso sé stesso, arrivando perfino a considerare repellenti i processi naturali insiti in lui, ma che pur lo mantengono in vita.

Questi preziosi meccanismi sono stati sostituiti da un “ imbellettamento” apparente che ingloba la quotidianità, ma che di sostanzioso non ha più nulla e l’apparenza o l’apparire ha quasi totalmente sostituito l’essere.

Abbandonando, a poco, a poco, il contatto con la terra  e con la “propria terra”, molte cose sono sfuggite perdendo la percezione che tutto si muove in circolo; si tratta, cioè, di parametri, di manifestazioni, che comunque ritornano sempre a sé stesse, secondo uno schema evolutivo che rincorpora i vari processi naturali.

Quando emerge questa consapevolezza e vi si accosta per constatazione, che nulla si scarta e si disperde, vale l’assioma: niente si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma.

Non è facile, per la nostra struttura mentale, alla quale siamo abituati, accettare quanto sopra detto, anche perché, osservandosi, ogni individuo verifica che se per esempio, assume del cibo, questo, dopo essere stato assimilato dal corpo, viene rilasciato, nella sua forma eccedente; si elabora, perciò, uno scarto.

L'Uroboros

Si constata, quindi, dal punto di vista dell’osservatore, che tale processo avviene in modo lineare; tuttavia, ampliando la prospettiva, è osservabile che tale porzione scartata, ritorna alla terra e comunque, al di là delle moderne tecnologie di smaltimento, viene da questa assimilata e convertita nuovamente in una sostanza fertile che andrà a concimare i luoghi dove si produrrà nuovo cibo per l’essere umano, non escludendo ciò che è destinato agli animali che, a loro volta, comunque, saranno carne per l’uomo.

A questo punto, in quella che all’inizio sembrava essere una linea continua diritta, con successivi stati di trasformazione, si verifica una curvatura, per cui ciò che si trovava all’origine, ritorna all’origine stessa, anche se modificato nel suo aspetto, ma pronto a ripetere tutto il processo.

“L’uroboros” il serpente che si morde la coda, evidenzia fedelmente tale iter.

Si parla di un’origine da dove tutto è nato, una condensazione tale dove tutti gli elementi sono presenti in essa in forma identificabile e con una memoria individuale per poter operare scientemente, una volta liberati.

Senza questo presupposto, non è possibile, a mio avviso, produrre tutti quei accorpamenti, fusioni e sincronicità necessari alla nascita di sistemi più complessi e delicati; che macroscopicamente, cioè nell’universo, fanno nascere pianeti, sistemi stellari, galassie e microscopicamente, cioè relativo all’uomo, possono produrre vibrazioni più accelerate, quindi frequenze più alte, nei processi biologici, chimico-fisici e mentali nel corpo umano.

Il rapporto, sollecitazione, perciò maggiore vibrazione e conseguentemente, frequenza più elevata, è strettamente collegato con la memoria; se infatti, come accennavo, ogni elemento ha in sé una memoria primigenia pura, immacolata, esso rappresenta la causa o “il germe della luce universale della natura”.

Quando tale causa diviene lo strumento per creare, la sua essenza è visibile  a noi, solo di riflesso per mezzo della cosa creata; ecco perché, nel contesto microcosmico, l’uomo deve in un certo senso, disintegrare l’effetto per estrapolarne, prima l’anima e poi alfine, raggiungerne lo spirito (essenza).

“Alchemicamente” parlando, la natura ha posto la causa seminale universale, nel regno minerale, proprio perché questo è considerato “un gigantesco organismo compatto che cresce e vive grazie alla forza del seme universale”.

La Miniera Alchemica

Nella materia più densa, è quindi stata posta l’essenza senza la quale tale materia densa non sarebbe base di nutrimento per il regno vegetale e animale.

Ritornando all’uomo dobbiamo allora chiederci se esso sia in grado di produrre dei minerali all’interno del suo corpo che contengano il germe di luce primigenio.

Il termine minerale ci rimanda come assonanza alla parola miniera, un luogo a mo’ di tunnel che è scavato sotto terra, dal quale è possibile per mezzo dell’estrazione, asportare elementi più o meno preziosi, secondo la vena che s’incontra.

Analogamente, anche l’uomo possiede una sua interiorità e dei condotti o miniere, dai quali è possibile estrarre dei minerali. Secondo la caratteristica di queste miniere, dalla forma a tunnel, è intuibile individuare quali possano essere nel corpo umano.

La natura, quindi, compie costantemente il suo compito, scandendo con delle operazioni precise ciò che avviene complessivamente nella matrice, cioè la “terra” o utero.

Ciò che viene prodotto è incanalato in tunnel a beneficio e sussistenza di tutto l’essere umano; così, per esempio, il sangue è intubato in vene e  arterie; la forza vitale nel sistema spinale, ciò che viene espulso usufruisce del canale urinario o del retto.

Tuttavia, tali funzioni, così come si svolgono, rimangono nell’aria dei processi naturali diciamo semplici o di normale esplicazione delle funzioni atte a mantenere la vita.

Per analogia, però, se questi minerali vengono asportati dal luogo dove essi giacciono, possono essere manipolati e lavorati fino ad ottenere “la forma” migliore e più bella; insomma, è possibile esibirne la qualità migliore (diamante).

I tre regni, minerale, vegetale ed animale nell'uomo

L’alchimista è il minatore di sé stesso; egli è matrice, perché la natura opera nella sua “interiore terra”, ma è anche colui che estrae e modella.

Il magistero insegna che ogni cosa per essere potenziata e rivitalizzata, deve essere dissolta, macerata, deve essere fatta putrefare; perciò praticamente, va immessa in forno e qui ridonata alla terra stessa.

Tuttavia, però, quasi mai si accenna a ciò che l’alchimista- minatore, deve fare prima di compiere quest’atto: “ deve insufflare sul soggetto, l’intenzione”.

Deve in pratica, usare il verbo per inserire la spoletta; in questo senso egli agisce esteriormente, come l’artigiano agisce sul diamante grezzo sfaccettandolo.

Verbo, dal latino verbum, ha significato di parola e la parola, secondo come narra la leggenda massonica, doveva essere il mezzo d’espressione dell’uomo; il quale avrebbe acquisito conoscenza per mezzo della formazione del cervello e della laringe e ne avrebbe condensato e manifestato i risultati attraverso l’espressione vocale.

Esprimere, dal latino exprimere, vuol dire premere per fare uscire. Tutto ciò, quindi, che implica un’azione di spinta, è deputato all’emissione di un elemento che produce espressione, cioè la rivelazione completa delle sinergie di meccanismi, alla cui origine c’è sempre e comunque, l’interazione fra intelletto-emozione-forza.

Sappiamo, infatti, che l’umanità era stata creata bisessuale, ma quando venne ritirato uno dei poli  della forza creatrice di Adamo, si crearono due sessi: Il fine di questo cambiamento, era di utilizzare uno dei poli per formare un cervello e una laringe; si costituì, così, una relazione tra gli organi genitali, cervello e laringe stessa (da  Framassoneria e Cattolicesimo la leggenda massonica).

E’ possibile, perciò, abbinare intelletto, forza e emozione a questi tre elementi; dove il cervello è l’elaboratore e sede dell’intelletto, i genitali sono la forza propulsiva della creazione e la laringe è l’organo che permette la fonazione e come via respiratoria consente il passaggio dell’aria, cioè lo stato più rarefatto dell’acqua.

Avendo sempre considerato l’acqua e i liquidi in generale, come veicoli delle emozioni e della memoria, l’aria ne è l’esplicazione ultima nella manifestazione della parola; quando poi, quest’aria sotto forma di fiato, viene espressa, cioè spinta fuori, calda, questa si miscela con un altro elemento, anche questo portato ai massimi livelli di sublimazione, il fuoco.

E’ la nascita del verbo.

Adam Kadmon, l'uomo primigenio. (Hildegard von Bingen: "Liber Divinorum Operum" ca. 1240).

Tutto ciò che viene incanalato nei processi biologici e complessivamente in tutto il sistema vitale dell’uomo, può essere quindi, considerato espressione e come detto, questa è la manifestazione visibile del processo di correlazioni antecedenti fra intelletto, emozione, forza.

Non sarebbe poi, così assurdo, a questo punto, pensare che come la nascita di un essere umano è il risultato espressivo, quindi venuto alla luce per mezzo di una spinta e l’effetto delle cause prima citate, intelletto, emozione  e forza, ci siano anche altri elementi nel corpo umano, derivati nello stesso modo, ad avere in loro componenti generatesi per conseguenza, dall’interazione di questi tre fuochi.

In sostanza, come considerare ciò che il corpo espelle, esprimendo sé stesso, dato che per manifestare i suoi ritenuti scarti abbisogna di un’azione di spinta?

Abbiamo a che fare con la materia per come noi la consideriamo e a proposito di ciò ripropongo la frase: “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” ( Antoine Lauren Lavoisier) , che accomuna in un certo senso, tutte le sue innumerevoli manifestazioni in un unico e ancora per molti versi, misterioso processo di mutamento continuo universale.

Questo fa sì che ogni cosa interagisca con l’altra, scambiando continue informazioni in un moto perpetuo che in fondo, è la base della vita; pertanto, con tali premesse potremmo noi avere l’ardire di definire qualcosa uno scarto e superficialmente aborrirla?

 

 


SIMEHON

 

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