Nella società contemporanea tutto è permeato da una patina accecante e brillantinosa, genericamente chiamata possesso ed erroneamente da tanti scambiata per realizzazione.
Tutti gli uomini aspirano a realizzarsi e a realizzare i propri sogni: il problema è che i sogni che hanno non sono in realtà i loro, ma quelli già preconfezionati, già prestabiliti dalla società e dal sistema di valori imposto dalle diverse culture.
Chi ha stabilito che un uomo che voglia sentirsi realizzato, debba assolutamente affermarsi nel suo lavoro? possedere una bella macchina, una casa, un conto in banca? Solo per citare alcuni dei parametri con cui ognuno di noi si deve confrontare quando si rapporta con quello che è il modello di realizzazione proposto dal sistema.
Vi siete mai chiesti perché? Perché un uomo deve raggiungere tutto questo e non altre cose, per esempio, o perché un uomo deve possedere tanto per valere tanto?
Il possesso e l’avere sono considerati due dei parametri fondamentali necessari per la realizzazione dell’uomo in questa società. Purtroppo l’uomo tende non solo a seguire fedelmente questi parametri ma anche inconsapevolmente ad identificarsi con loro.
Per esempio, l’uomo comune tende ad identificarsi con ciò che possiede, con i diversi ruoli che ha nel sociale, con l’immagine che gli altri hanno di lui e tutto questo non fa altro che fortificare il suo senso di appartenenza e l’attaccamento.
Più una persona si attacca a ciò che fa, a ciò che ha, a ciò che vuole raggiungere, più vi si identifica sino a rischiare di perdersi, poi, completamente.
In realtà è l’Ego e non l’Essere che ragiona nei termini del possesso e dell’attaccamento: queste sono tutte strutture che servono a dare un senso di falsa sicurezza all’Ego.
L’essere è esattamente l’opposto, non ragiona nei termini del possesso, del raggiungimento, o della conquista, ma c’è già - tutto completamente -.
Sono gli ostacoli costituiti dalle varie manifestazioni dell’ego che ci impediscono di percepire - l’essere - che è dentro di noi, con chiara limpidezza.
Uno dei primi compiti che l’iniziato deve affrontare è quello di lavorare sulla propria pietra, per ripulirla da tutte queste pesantezze.
Lavorando sulla propria pietra è possibile non solo capire con la mente, ma anche comprendere appieno che la sofferenza nasce solo dal bisogno dell’ego di attaccarsi alle cose, ai ruoli, alle immagini interiori, semplicemente per sopravvivere.
E’ l’ego infatti che si ostina a dare per scontato le cose, a voler prevedere, ad organizzare, a vivere nel futuro o nel passato.
Spesso in questo modo si crea uno scollamento fra l’essere che è in noi e noi stessi.
Questo succede quando la realtà interiore di una persona diventa totalmente succube dell’ego e quindi la persona si trova sempre di più a vivere nel passato o nel futuro e ad attaccarsi alle cose più disparate, eludendo così la possibilità di vivere nel momento presente che è l’unico modo per percepire l’essere.
E’ infatti il momento più vicino alla verità, se veramente riusciamo a viverlo completamente….abbandonando noi stessi.
Alla fine l’avere, l’appartenere, il raggiungere o meno un obbiettivo non cambia, ne trasforma la sostanza del proprio essere, ma l’essere presenti a noi stessi ci mette in comunicazione con l’essere che è in noi e ci apre la strada alla vera trasformazione.
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