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Divina Commedia
Il viaggio attraverso i mondi

(20/02/2008)

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"La selva oscura" (Opera di Alfredo Di Prinzio)

La divisione della Divina Commedia in tre cantiche, che corrispondono ai mondi dell’ Inferno, del Purgatorio e del Paradiso (propri della cultura e forma-mentis europea e mediterranea, dopo l’espansione del Cristianesimo prima, e dell’Islam poi) appare, ai  più, ovvia e “normale”; ma dopo aver constatato l’esistenza  di  analogie e corrispondenze con scritti di altri popoli ed addirittura con Testi Sacri di altre civiltà, le cose non appaiono più così semplici .

Infatti questa divisione tripartita (che è il piano generale del poema) è comune a tutte le dottrine tradizionali autentiche, e cioè a quelle dottrine tradizionali che hanno un legame “vero” con “La Tradizione“.
Approfittiamo dell’occasione per  indicare che cosa intendiamo per Tradizione:
“Tradizione è tutto ciò che unisce il genere umano al Principio Supremo ed Assoluto”, Principio da cui:

Tutto   procede
Per  Il  Suo  Volere  Tutto  Sussiste
ed  a  Lui  Tutto  ritorna .

Se  La  Tradizione  assume  forme  diverse , ed  a  volte  anche  contrastanti  fra  loro, è  perché  gli  esseri  umani  La  interpretano  secondo  la  misura  della propria  Spiritualità, secondo  i  propri  modi  di  pensare, secondo il  livello  della  loro  civiltà, secondo  i  propri  usi, secondo  i  propri  costumi.

Ora, come dicevamo, anche questa divisione in tre mondi  assume  forme diverse; ne prenderemo in considerazione due (fra le tante) prese dalla dottrina  Indù .
La prima di queste divisioni enumera i tre mondi in:

1

Mentre la seconda li considera invece in:

2

 

Nella prima divisione, l’ambito Intermediario, è considerato come un prolungamento, o estensione, del mondo Terrestre. Ed il Purgatorio è rappresentato da Dante  proprio  in  questo  modo  e  di  conseguenza  può  essere  identificato  a  questo  stesso  mondo  Terrestre. La  seconda  divisione, invece, è fortemente corrispondente alla distinzione che la dottrina Cattolica indica tra:

3

I Cieli e gli Inferni, poi ,hanno delle proprie suddivisioni interne (ordinate gerarchicamente), che sono spesso in numero variabile; suddivisioni che sono simbolo  degli indefiniti gradi dell’Esistenza.

E le varie classificazioni che saranno applicate ai Cieli e agli Inferni dipenderanno dalle corrispondenze analogiche che verranno prese come base, o  punto di partenza, per la loro rappresentazione simbolica .

Anche qui desideriamo  fare  alcune  precisazioni  su  ciò che  intendiamo  per “ simbolo “.
Il “simbolo” è uno  strumento  che  permette di  attivare delle  vere  e proprie  corrispondenze  con  realtà  di  ordine  superiore.

Il  “ simbolo “ può  avere  un  aspetto  visivo, auditivo  o  entrambi  uniti  insieme (come nelle danze sacre).
Il  “simbolo“ non è  la  cosa  simboleggiata; ed  è  uno  strumento  sintetico  per  sua  natura. Ma  è  la  singola  persona  che  studiandolo, meditandolo  e contemplandolo  potrà  comprenderlo  più  o  meno  completamente, secondo  la  misura  della  propria  spiritualità.

Riprendendo  il  nostro  discorso  i  Cieli  sono  il  simbolo  degli  stati  superiori  dell’essere  mentre  gli  Inferni  lo  sono  degli  stati  inferiori. Quando  diciamo stati  dell’essere  “superiori“  e / o  “inferiori”  li  intendiamo  in  rapporto  allo  stato  umano (e terrestre)  che  viene  preso  come  termine  di  paragone perché  è  il  nostro  stato  attuale  e  di  conseguenza  deve  essere  preso  come  base  o  punto  di  partenza.

Precisiamo  che,  lo  stato  umano (ed  il  grado  di  esistenza  dove  gli  essere  umani  sviluppano,  in  modalità  indefinita, tutte  le  loro  possibilità)  non  è uno  stato  più  o  meno  importante  degli  altri;   esso  occupa  il  posto  che  deve  occupare  nella  gerarchia  Universale  di  tutti  gli  Esseri. E’  importante per  noi  esseri  umani,  perché  è  lo  stato  in  cui  viviamo e da  cui  si  può  iniziare (se  lo  vorremo) il  “viaggio celeste“.

Questo  viaggio  è  visto, in  tutte  le  forme  tradizionali, come  un’ascensione. Si  tratta, infatti, di  prendere  conoscenza  e  coscienza (“possesso” se  si vuole)  degli  stati  superiori  dell’essere; ma  questa  ascensione  è  preceduta  da  una  discesa.

E  questo  è  anche  narrato  nella  PASSIONE  di  GESU’  il  CRISTO, che  dopo  la  SUA  morte (e morte di CROCE) è  Disceso  agli  Inferi, è  Risorto  e  dopo  è Asceso  in  Cielo.

Dante, dopo  essersi  perduto  nella  selva  oscura, deve  prima  scendere  nell’Inferno; ed  è  soltanto  dopo  averlo  percorso  fino  in  fondo, che  può  operare con  l’aiuto  di  Virgilio  (che è stato mandato dal Cielo) quel  cambiamento  di  direzione  esistenziale (conversione),  simboleggiato  dal  “camminare”  intorno a Lucifero  e  dalla  risalita  attraverso  lo  stretto  budello; risalita  che  lo  porterà, insieme  alla  sua  guida, di  nuovo sulla  superfice  della  Terra  ai  piedi  della montagna  del  Purgatorio.

Questa  discesa  la  possiamo  considerare  come  una  sorta  di “ricapitolazione” degli  stati  di  esistenza  che  precedono  logicamente  lo  stato  umano; stati anteriori  che  hanno  determinato  le  condizioni  particolari  attuali  per  l’essere  in  questione.

Questi  stati  anteriori  debbono  anch’essi  partecipare  alla  “trasformazione” che  si  vuol  compiere. Questa discesa permette  inoltre  la  manifestazione (secondo certe modalità) delle possibilità di ordine inferiore che l’essere porta ancora in sè,  in uno stato non-sviluppato; possibilità  che  devono  essere  da lui esaurite  prima  di  intraprendere  la  realizzazione  dei  suoi  stati  superiori.

Facciamo  notare  però  che  questo  non  significa  un  ritorno  effettivo  in  quegli  stati  per  i  quali  l’essere  è  già  passato; ma  si  tratta  di  una  esplorazione indiretta, prendendo  coscienza  delle  “tracce”  che  questi  stati  anteriori  hanno  lasciato  negli  angoli  più  oscuri  dello  stato  umano. Osserviamo  che  gli Inferni  sono  sempre  simbolicamente  collocati  all’interno  della  Terra.

La  salita  della  montagna  del  Purgatorio  è  simbolo  dell’acquisizione  delle  conoscenze  relative  ai  prolungamenti  più  elevati  dello  stato  umano  (ambito Intermediario); ed  il  superamento  degl’Inferni  unito  al  raggiungimento  della  sommità  del  Purgatorio (dove  Dante  colloca  il  Paradiso  terrestre), simboleggiato  dalle  due  CHIAVI,  rappresenta  la pienezza  della  restaurazione  dello  stato  umano  nella  sua  totalità, condizione  necessaria  per  il proseguire  il  “viaggio".

Ed  anche  qui  si  opera  un  altro  cambiamento  di  direzione! Dopo  la  risalita  dagl’Inferi (dal basso verso l’alto), dopo  la  restaurazione  dello  stato  umano (dal centro verso la periferia, e dalla periferia al centro in un moto orizzontale), l’essere  inizia  la  sua  ascensione (con un moto di esaltazione e di espansione in tutte le direzioni).

Dante, nel  suo  poema, raggiunto  il  Paradiso  Terrestre (dopo aver attraversato il muro di fuoco con l’aiuto di Virgilio) viene  lasciato  dalla  sua  guida, ed  in sua  vece  discende Beatrice che, prendendolo  con  sé, lo  guiderà  (con modalità non più umane)  attraverso  i  Cieli  (via via più luminosi), fino  all’ultima visione  che  è  quella  di  DIO.

Perché  il  fine  ultimo  del  “viaggio  celeste“  è  proprio  la  visione  di  DIO;
E’  la  realizzazione  dell’ IDENTITA’  SUPREMA;
E’  il  RITORNO  in  DIO.

Come  si  può  notare  non  si  può  parlare  dei  “mondi“  senza  parlare  del   “viaggio“  e  viceversa, essendo  questi  argomenti  complementari  e compenetranti  l’un  l’altro.

Come  abbiamo  accennato  di  sfuggita, anche  in  altre  Tradizioni  troviamo  qualcosa  di  incredibilmente  simile  alla  Divina  Commedia, come  per  esempio  il Kitâb  el-isrâ (Libro del Viaggio notturno)  di   Mohyiddin  ibn  Arabi.
Ma  quest’ultimo  argomento  è  suscettibile  di  più  ampi  sviluppi  per  cui  ci riproponiamo  di  trattarlo  in  modo  più  conveniente  in  un  altro  articolo.   


(Le illustrazioni sono tratte dalla prima puntata della serie televisiva della "Divina Commedia" di F. Lattanzi, anno 1971
Gli attori sono Silvio Noto (Dante) e Alfredo Di Prinzio (Virgilio) 
Colere Deum
 

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