Molto tempo fa, durante il suo lungo peregrinare, un giovane nomade dopo aver attraversato un arido deserto, si ritrovò nei pressi di una lussureggiante radura, una terra a lui sconosciuta, un posto incantevole, mai incontrato prima di allora.
Davanti ai suoi occhi vide il corso di un fiume, l’acqua vi scorreva limpida e il fragore del suo dolce suono lo richiamò per abbeverarsi.
Stanco del lungo cammino, procedendo lungo l’argine, vide un grosso masso e vi si sedette sopra a riposare.
Mentre se ne stava lì seduto si soffermò ad osservare il fluire dell’acqua.
Si chiedeva quale mai fosse stato il nome di quel fiume e quale il suo percorso e il suo destino finale.
Mentre pensava, sopra di lui, da un grosso albero, si staccò un ramo frondoso che precipitò nelle acque del fiume.
Il giovane seguì l’evento assorto nei suoi pensieri: Il ramo, pieno delle sue foglie, fu presto trascinato lontano dalla corrente e di lì a poco sparì alla sua vista.
Fu così che il giovane si destò dai suoi pensieri ed ebbe un sussulto.
Qualcosa aveva colpito la sua mente assorta.
I suoi occhi rividero ripetutamente quell’immagine, così banale, quasi per sottolinearne l’esperienza folgorante.
Cosa c’era di tanto strano in ciò che era accaduto?
Qualcosa aveva stimolato il suo intuito.
Un fatto che forse in tanti altri momenti avrebbe considerato normale si presentava ora, ai suoi occhi, dispensatore di verità.
Prese coscienza che l’acqua del fiume che continuamente passava davanti ai suoi occhi non era mai stata la stessa e cambiava continuamente, ma il fiume, che aveva di fronte, era, invece, sempre lo stesso.
Cos’era ciò che poteva definirsi fiume? L’acqua di cui era fatto? Gli argini che la costringevano e la caratterizzavano o la corrente che ne creava il movimento?
Se il fiume avesse avuto un nome, a cosa corrispondeva? All’acqua, alla terra attraversata da quell’acqua o alla forza che la spingeva?
Quell’acqua non era stata sempre il fiume, sarebbe poi diventata mare e poi vapore e poi ancora pioggia per poi continuamente trasformarsi in qualche altra cosa.
Non era quindi il fiume. Se non si fosse incanalata in un letto di terra non lo sarebbe
diventato.
L’essenza del fiume era quindi il suo letto?
Il letto senza l’acqua non sarebbe esistito perché era stato scavato dalla stessa acqua e grazie alla forza della corrente provocata dalla pendenza del terreno.
Era allora la corrente che trascinava l’acqua ad essere l’essenza del fiume?
No, neanche lei, perché anch’essa per manifestarsi come tale avrebbe avuto bisogno dell’azione sia dell’acqua quanto della pendenza del terreno.
E allora cos’era il fiume?
In cosa veniva individuato?
In tutte quelle cose insieme.
Fu così che la sua coscienza iniziò a percepire il mondo diversamente dal solito.
Intuì che la stessa visione poteva volgerla verso se stesso, poteva indirizzarla verso qualsiasi creatura vivente.
Chi era l’Uomo?
Era il corpo, lo Spirito o l’Anima?
Tutte e tre le cose insieme. Non sommate, ma integrate.
Ma da qui il suo pensiero entrò ancora di più nelle profondità di quel mistero.
Capì che nel momento in cui una sola delle tre componenti sarebbe venuta meno, l’ente che le teneva unite in un’ unica realtà sarebbe anch’esso venuto meno.
Percepì che in fondo ogni uomo, nella sua unicità, è una delle infinite possibilità che ha lo Spirito Divino di manifestarsi, nell’incrocio tra le molteplici forme create, è la
risultante derivata dalle infinite condizioni spazio-temporali che contribuiscono a rendere la sua “forma” originale ed irripetibile.
Il giovane nomade, visto che presto sarebbe calata la notte decise, allora, di accamparsi lungo l’argine.
Stanco per il lungo cammino si sdraiò sul grande masso e si addormentò.
Dopo alcune ore si svegliò.
Al suo sguardo apparve immediatamente il cielo stellato. L’aria tersa rendeva tutto ancora più limpido.
Tante volte aveva dormito all’aperto, ma quella notte era una notte speciale.
Qualcosa era cambiato dentro di lui. Vedeva le cose in modo diverso, come se tutto gli parlasse di un mistero a cui si era appena avvicinato.
Quel cielo non era più un ammasso di stelle, era un libro aperto sulle origini della vita.
Tutto sopra di lui sembrava in perfetto equilibrio, come se ogni cosa si reggesse sull’altra.
Gli vennero alla mente i racconti dei suoi antenati che erano giunti fino in occidente ed avevano osservato la magnificenza di quei templi chiamati “cattedrali” che arrivavano fino al cielo costruiti con le regole della geometria sacra.
Dicevano che quell’architettura nascondeva in sé gli stessi principi su cui si reggeva l’universo. L’equilibrio delle forze che si appoggiano l’una sull’altra. Un sistema di spinte e contro spinte che arrivava fino al cielo lasciando ad ogni singola pietra la facoltà di sostenere e contemporaneamente di essere sostenuta dalle stesse pietre che a sua volta sosteneva.
Un sistema architettonico che vinceva la forza fisica di caduta col peso delle stesse pietre.
Non c’è nulla nell’universo che possa reggersi su se stesso. Tutto esiste grazie all’equilibrio del Tutto.
Tutto appariva ai suoi occhi come se ci vedesse per la prima volta.
Ora più che mai si sentiva integrato in tutto quel sistema che lo circondava.
Un Sistema.
Ecco cosa aveva davanti.
Un teorema matematico composto da leggi e da equazioni che producevano Vita.
Tutto ciò lo entusiasmò.
Stava esplorando un sentiero sconosciuto senza una destinazione certa.
In fondo tutto ciò era alla base dello spirito con cui affrontava la vita da sempre.
Un nomade non ha una casa se non il cielo come tetto e la terra come letto.
Eh sì: la terra come letto.
Un letto come quello del fiume che gli scorreva accanto.
“Se così è, allora, tra me e il fiume non c’è alcuna differenza” pensò il giovane.
“Se così è, il mio stato esistenziale di essere umano è solo una delle tante variabili di questo sistema matematico che è l’universo”.
Cosa è, allora, nell’uomo, ciò che lo rende un individuo, ciò che distingue il suo essere fiume dal suo essere lago o mare o pioggia?
Cosa è invece che lo rende Uno col tutto, sostanza al di là di ogni caratterizzazione e forma?”
Non riusciva a trovare una risposta.
Mentre pensava e ripensava, si sdraiò nuovamente a terra e improvvisamente qualcosa colpì i suoi pensieri:
guardò nuovamente il cielo e distinse lo scintillio delle stelle che lo sovrastavano.
Si ricordò di quando suo padre ogni tanto gli parlava dell’importanza degli astri e di come questi influenzavano il destino degli uomini.
Gli diceva che ognuno di noi, all’origine della propria vita, subisce l’influenza del cielo e catalizza in se stesso le stesse caratteristiche di quegli elementi che lo sovrastano.
Gli raccontava di come la stessa Luna era regolatrice delle maree e di come potesse influenzare i raccolti o i cicli femminili della fertilità.
Tutto cominciava ora ad essere più chiaro.
Cominciò a comprendere la connessione intima tra tutte queste cose e un pensiero forte iniziò ad assalirlo:
c’era qualcosa in tutto quello che lo circondava che riconduceva ad un Unico Principio ed ad una sola sostanza.
Era quell’ Ente unificante che permetteva a tutto di differenziarsi mantenendo intatto il principio di Unità col Tutto.
Ma per giungere alla comprensione di cosa fosse il Principio Unico pensò che forse doveva partire dalla comprensione di ciò che differenziava e moltiplicava quell’Uno stesso.
Guardò il fiume e meditò:
“L’acqua del fiume era giunta lì dopo aver interagito con le forze e con la materia con cui era venuta a contatto e aveva prodotto un fiume con quelle caratteristiche peculiari, quelle anse, quelle rapide, quegli argini, sicuramente diversi da qualsiasi altro fiume. In una forma irripetibile altrove.
Grazie a questa interazione qualsiasi corso d’acqua avrebbe potuto manifestarsi in infiniti modi: diventando fiume, differenziandosi nelle forme, nei colori, nella profondità, diventando lago, ruscello o mare prendendo qualsiasi forma e di conseguenza qualsiasi nome.
Capì che ogni cosa prima di caratterizzarsi attraversa un conflitto di forze, forze che agiscono plasmando la sostanza che manifesterà la forma.
Così anche l’uomo, durante i nove mesi della sua vita uterina, entra in intima connessione con gli astri che con il loro magnetismo agiscono nella sua formazione psicofisica.
Nove i pianeti e nove i mesi di maturazione del feto.
Tale azione è più o meno forte a seconda della posizione che questi occupano nel cielo durante l’anno e dipendono dalla posizione geografica in cui questi influssi vengono ricevuti, per non parlare del gioco di forze a cui il feto umano è sottoposto a causa dell’interazione che avviene tra i diversi pianeti quando agiscono nella medesima direzione.
Tutto ciò determina il temperamento dell’individuo e ne traccia il suo destino.
Proprio come le asperità di un terreno determinano la conformazione di un fiume piuttosto che quella di un altro o possono contribuire alla formazione di un lago o di una cascata.
Tutto sembrava tornare.
Ma al giovane ancora qualcosa non quadrava.
La natura gli parlava sempre più chiaramente, ma più si inoltrava nel mistero più il teorema della creazione si complicava.
C’era qualcosa che ancora gli sfuggiva, qualcosa che forse era dentro di sé.
Accettava il fatto che non sarebbe mai riuscito a conoscere la realtà piena dell’universo che lo sovrastava, ma non si capacitava di come la sua coscienza non potesse comprendere la totalità intima di se stesso.
Da quando era al mondo non era ancora riuscito a predominare sulla sua stessa natura interiore, come se l’universo dentro di lui fosse ancora più insondabile di quello che lo sovrastava.
In tutti quegli anni che era vissuto aveva conosciuto meglio la terra che aveva percorso che quella di cui era composto.
Decise allora di rinfrescarsi le idee e scese dal masso per avvicinarsi all’acqua.
Con le mani raccolse l’acqua fresca del fiume e se la passò sul viso e sulla fronte.
Con la coda dell’occhio fu colpito da un riflesso di Luna che scorse accanto a sé in una pozza d’acqua.
Vi guardò meglio e fu in quel momento che il volto gli s’illuminò di nuovo.
Aveva trovato una risposta.
Lo specchio d’acqua rifletteva interamente l’universo stellato che lo sovrastava.
Da lì intuì che anche una piccola pozza d’acqua potesse contenere un universo, tale e quale a quello macroscopico sopra ed intorno a lui.
Ma capì ancora di più quando pensò a come era composto il suo corpo.
Conteneva quasi il 70% di acqua. La stessa acqua che vedeva nel fiume, la stessa acqua che rifletteva l’universo nella pozza davanti a lui.
Pensò al fatto che durante quei nove mesi di formazione il feto viveva immerso totalmente all’interno di una bolla d’acqua e grazie a questa, oltre che per il nutrimento, riusciva a ricevere amplificate le onde magnetiche ricche di informazione provenienti dai pianeti.
Comprese dunque che l’acqua ed ogni liquido erano il principio plastico, mediatore tra la terra e il cielo.
L’Anima mediatrice tra lo Spirito e la Materia.
Ma ancor più forte fu la sorpresa quando si ricordò di quello che i suoi antenati tramandavano da secoli: “Il sangue che scorre nelle nostre vene è come un magnete che memorizza e trasmette tutto ciò che risuona fuori e dentro di noi.
Il nostro sangue è la porta non solo tra il passato e il futuro, ma soprattutto tra il macrocosmo e il microcosmo. E’ il magnete ferroso che regola gli equilibri delle forze interiori con quelle esteriori”.
A quel punto il ragazzo ebbe un sussulto.
La sua coscienza accelerò così rapidamente che per un attimo il suo sangue e il suo corpo divennero luce.
Realizzò il mistero che stava sondando:
vide chiaramente che i due universi, l’interiore e l’esteriore, non erano altro che due specchi; due specchi, l’uno di fronte all’altro, riflettenti e distorcenti la stessa immagine di un unica realtà centrale, sorgente di ogni cosa, quella stessa realtà che permetteva loro di esistere come entità speculari, moltiplicatrici delle sue stesse infinite possibilità:
La Luce d’Amore…….